Franz Kafka (1883 - 1924) è stato uno scrittore boemo di lingua tedesca, una delle voci più profonde e importanti del XX secolo.
Nato a Praga il 3 luglio del 1883 da una famiglia di commercianti ebrei ashkenaziti, fu il primo di sei figli, tre maschi e tre femmine. I due fratelli minori di Kafka morirono prima che Franz compisse sette anni. Kafka ebbe sempre un atteggiamento di rifiuto con la religione e la fede, tanto che in giovane età si definì ateo; in seguito, nel corso della vita, approfondì il suo rapporto con l'ebraismo, a cui si avvicinò al punto di pensare di voler emigrare in Palestina. Morì prima di riuscirci.
Suo padre, Hermann Kafka, fu un uomo autoritario, forte e prepotente e influenzò profondamente sia la personalità del figlio che la sua scrittura. In Lettera al padre, scritta da Franz nel 1919 e mai consegnata al destinatario, Hermann fu descritto come «un vero Kafka in forza, in salute, di appetito, dotato di voce imponente, eloquenza, auto-soddisfazione, dominanza mondana, resistenza, presenza di spirito, [e] della conoscenza della natura umana».
Di fronte a lui il giovane Kafka si sentì sempre un inetto, ripugnante e inadeguato. La madre, Julie Löwy, era una donna gentile e timida e aveva ricevuto un'istruzione superiore a quella del marito. Lavorava praticamente tutto il giorno nella bottega familiare assieme a Hermann: infatti l'infanzia di Franz fu segnata dall'educazione severa di austere bambinaie e perciò fu molto solitaria.
A Praga, città dell'Impero Austroungarico fino al 1918, le lingue parlate ufficialmente a quei tempi erano due: il ceco e il tedesco. Poiché sotto l'impero parlare bene il tedesco poteva portare vantaggi alla propria carriera, la famiglia Kafka si assicurò che i loro figli si esprimessero in un tedesco perfetto. Franz Kafka studiò infatti in istituti di lingua tedesca e fu sempre un ottimo studente. Quando, nel 1901, si diplomò al liceo classico, si iscrisse brevemente all'università di chimica, per poi passare a germanistica e infine a giurisprudenza, una facoltà che incontrava i favori del padre Hermann, secondo cui gli studi di legge avrebbero condotto Franz verso un'ottima carriera.
All'inizio del secondo anno di università, nel 1902, Kafka conobbe Max Brod, che da quel momento in poi sarebbe diventato per lui quasi come un fratello. Brod in lui notò subito la timidezza, accompagnata da un'inusuale profondità e da un umorismo vivace, e decise che voleva essere amico di quel ragazzo schivo. Kafka e Brod, accomunati dalla passione per la letteratura, usavano intrattenersi in serate conviviali assieme a Oskar Baum e Felix Weltsch, con cui formarono un vero e proprio salotto culturale.
Dopo essersi laureato nel 1906, Kafka iniziò l'anno di praticantato, che fu uno dei più odiosi della sua vita. Terminato quello, nel 1907 fu assunto dalle Assicurazioni Generali - la compagnia italiana di Trieste - che però gli lasciava troppo poco tempo per dedicarsi a quella che era sua sua più grande passione: scrivere. Perciò, poco meno di un anno dopo, si licenziò da Generali per entrare nell'Istituto di Assicurazioni contro gli Infortuni del Regno di Boemia, che non solo gli lasciava più tempo per se stesso, ma dove fu anche molto apprezzato. Kafka fece infatti una buona carriera come funzionario dell'Istituto, di cui arrivò anche a scrivere la relazione annuale per diversi anni di fila.
A partire dal 1908, il giovane scrittore intraprese diversi viaggi in Europa in compagnia di Max Brod e suo fratello Otto: visitarono Riva del Garda e Brescia (dove videro Gabriele D'Annunzio e Puccini), Parigi, Lipsia e Weimar. Tornato a Praga, Kafka cominciò a frequentare i migliori circoli intellettuali della città, dove incontrò anche un giovane Albert Einstein; fu proprio in queste riunioni che venne a contatto, oltre che coi maggiori argomenti culturali dell'epoca, anche con la teoria della relatività e coi fondamenti della psicanalisi. Fu in questo stesso periodo che Franz cominciò a scrivere i suoi diari e che la sua produzione letteraria aumentò: iniziò a scrivere Il Fochista, America, La Condanna (che pubblicò l'anno successivo) e La metamorfosi (che avrebbe visto le stampe nel solo 1915).
Nel 1912 Kafka conobbe Felice Bauer, una parente di Max Brod. Inizialmente non fu molto impressionato dalla giovane, di cui nei suoi diari annotò «il volto ossuto, vuoto, che dimostrava apertamente la sua vacuità. La gola scoperta. Il naso quasi rotto. Bionda, capelli piuttosto lisci, poco attraente, mento prominente».
Tuttavia fu proprio di questa ragazza che si innamorò - e infatti di lì a poco le avrebbe dedicato La Condanna (la prima edizione del racconto, non a caso, riportava in frontespizio la scritta "a Felice B"): nonostante la distanza fisica non permettesse loro di vedersi, perché Felice lavorava a Berlino, il rapportò maturò grazie a un carteggio profondo e sterminato, paragonabile senza dubbio alla prosa dei romanzi dello scrittore: oggi è raccolto in Lettere a Felice, dove possiamo leggere solo le lettere di Franz, in quanto quelle di Felice sono andate perdute. Kafka amava scrivere lettere. Ne scrisse agli amici, all'amata sorella Ottla e alle diverse donne di cui si invaghì nel corso della vita.
I rapporti epistolari gli permettevano di esprimere se stesso e il proprio pensiero con profondità, di stabilire un rapporto intimo con il suo interlocutore al di là della fisicità, con cui aveva un rapporto controverso: se infatti aborriva la carnalità e il suo stesso corpo, tanto da definirlo ripugnante (è struggente il senso di vergogna di cui parla in Lettera al padre, là dove racconta di quando fu costretto a denudarsi in piscina, perché il padre lo voleva aitante e sportivo), contemporaneamente era mosso anche da un bruciante desiderio sessuale, che esprimeva in numerose frequentazioni casuali, ma che raramente riusciva a manifestare nelle sue relazioni profonde. Perciò l'amore platonico, alimentato da lettere intime e appassionate, gli appariva come un compromesso possibile.
Con Felice Bauer si fidanzò nel 1914, ma annullò la sua promessa pochi mesi dopo. Kafka aveva un grande rispetto per il matrimonio e la famiglia e pensava che con Felice avrebbe potuto sistemarsi - e compiacere così anche il desiderio di suo padre, che lo voleva sposato. Tuttavia reputava anche che il matrimonio avrebbe finito per limitare la sua attività di scrittore, a cui non poteva rinunciare. Proprio nel 1914, del resto, aveva appena cominciato a lavorare a Il Processo e a Nella colonia penale, un romanzo e un racconto fondamentali nella sua produzione letteraria.
Nonostante questo, quando nel 1915 incontrò nuovamente Felice Bauer, non potè fare a meno di ritrovare in lei l'amore che aveva provato a lasciare e perciò, ripreso il rapporto, le chiese nuovamente la mano. Lei disse sì e cominciarono i preparativi per il matrimonio. Tuttavia, quando nel 1917 gli fu diagnosticata una tubercolosi polmonare, ritenuta al tempo una malattia incurabile, Kafka sciolse definitivamente il suo fidanzamento con Felice. Era un uomo malato e non poteva coinvolgerla in quel tipo di esistenza. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nel 1914, Kafka era stato dispensato dall'arruolamento dai suoi datori di lavoro dell'Istituto di Assicurazioni, perché i suoi servizi erano considerati essenziali per lo Stato.
Quando in seguito, nonostante questo, egli tentò di entrare nell'esercito, la sua richiesta fu rifiutata a causa della malattia che lo affliggeva. Essa continuava a procedere e ad aggravarsi, nonostante si sottoponesse regolarmente a diversi ricoveri per contrastarla. Proprio per questa stessa ragione nel 1918 l'Istituto di Assicurazioni gli concesse di andare in pensione, a trentacinque anni. Dopo aver scritto Lettera al padre (che mai gli consegnò, perché troppo grande era il timore di una sua reazione negativa) e aver pubblicato nel 1919 la raccolta di racconti Un medico di campagna, nel 1920, ospite del sanatorio di Merano, Kafka iniziò un carteggio con la giornalista ceca Milena Jesenská, traduttrice in ceco di molti suoi racconti.
Con la donna, infelicemente sposata al critico letterario Ernst Pollak, lo scrittore iniziò una relazione amorosa tormentata, in cui lettere appassionate sopperivano alla loro possibilità di vedersi di persona. Milena non riuscì ad abbandonare il marito e perciò la loro relazione si concluse l'anno successivo; non prima però che Kafka le avesse affidato, oltre a tutte le lettere che le aveva scritto, anche i suoi Diari, che oggi possiamo leggere proprio grazie a Milena, che li conservò. Nonostante fosse afflitto dalla malattia, che gli costava sempre più frequenti ricoveri, Kafka continuò a scrivere imperterrito: nel 1922 iniziò a comporre Il Castello, che però sarebbe rimasto incompiuto, oltre a Un artista del digiuno, una raccolta di quattro racconti che tratta del misero destino dell'artista.
Nel frattempo, si fidanzò brevemente con Julie Wohryzek, una modesta cameriera che lasciò dopo poco, mentre durante un soggiorno sul Mar Baltico conobbe Dora Dymant, maestra d'asilo berlinese ed ebrea osservante, con cui decise di andare a vivere nel 1923: finalmente felice e indipendente, grazie a lei si avvicinò all'ebraismo e allo studio del Talmud, tanto da cominciare ad abbracciare il sionismo e ad accarezzare l'idea di trasferirsi un giorno con lei in Palestina.
Ma la malattia ormai gli lasciava poco tempo per vivere. Nel marzo del 1924 Kafka fu costretto a lasciare Dora e Berlino, per tornare a casa della sua famiglia a Praga, dove la sorella Ottle si prese cura di lui. In seguito all'aggravarsi delle sue condizioni, grazie alle proprie conoscenze Max Brod riuscì a farlo ricoverare nello stimato sanatorio di Kierling vicino a Vienna, dove, oltre alla tubecolosi polmonare, gli fu diagnosticata anche una laringite tubercolare: ormai non riusciva quasi più a deglutire nulla, quindi neppure ad alimentarsi.
Conscio di essere alla fine, disperato, ridotto alla fame e afflitto dal dolore fisico, Kafka passò gli ultimi giorni della sua vita a ultimare Un artista del digiuno, che però non riuscì a vedere pubblicato in estate perché morì prima, il 3 giugno 1924. A soli quarantuno anni si era spento uno degli autori più importanti del Novecento. Eppure in quel momento ancora non era nessuno, perché, della sua sterminata e frammentaria produzione, in vita aveva pubblicato appena tre raccolte di racconti e un romanzo breve.
Kafka non voleva che i suoi scritti diventassero pubblici, certamente non prima che fossero ultimati. Durante il suo ultimo soggiorno a Berlino aveva bruciato il novanta percento dei suoi lavori e, sul letto di morte, aveva dato disposizione all'amico fraterno Max Brod perché distruggesse tutto ciò che ne rimaneva. Quando Kafka morì, però, Max Brod capì che non poteva farlo. Quei racconti profondissimi, ancorché frammentari - Kafka usava infatti concentrarsi su più lavori contemporaneamente, cominciando a scrivere indifferentemente dal centro del raccontro o dalla sua fine, procedendo a ritroso o lasciando incompiuti alcuni capitoli prima di ritornarci -, testimoniavano un genio letterario che doveva essere (ri)conosciuto.
Così, tra il 1925 e il 1935, fece pubblicare tutti i suoi romanzi, oltre a diverse raccolte di racconti che cercò di ricomporre con l'aiuto di diversi critici letterari - che nel frattempo, a loro volta, avevano scoperto Kafka (tra gli autori che per primi lo recensirono entusiasticamente, ricordiamo anche l'autore ungherese naturalizzato statunitense Sándor Márai, che con Kafka condivise il destino di non essere riconosciuto in vita).
Capendo che la situazione politica in Europa stava volgendo al peggio, Max Brod emigrò nella Palestina Britannica nel 1939, portando con sé alcuni manoscritti inediti, che tutt'oggi sono rimasti tali. Infatti, quando Brod morì nello Stato di Israele nel 1968, lasciò gli appunti inediti di Kafka alla sua segretaria, Esther Hoffe, che morì nel 2007 senza aver mai consegnato al mondo i documenti in suo possesso: fatta eccezione che per il manoscritto originale de Il Processo, che nel 1988 fu veduto per due milioni di dollari All'archivio Nazionale di Letteratura Moderna di Marbach, in Germania, la Hoffe aveva tenuto tutto quel patrimonio letterario solo per sé. Questo non era certo lo spirito con cui Max Brod le aveva affidato quell'eredità, perché il suo intento era appunto poter divulgare la letteratura di Kafka, non tenerla in un cassetto.