La filosofia politica di Karl Popper (1902-1994) è contenuta ne Miseria dello storicismo (1957) e ne La società aperta e i suoi nemici (1945). Essa mostra un profondo legame con la riflessione epistemologica: difende le ragioni della libertà e del pluralismo con argomentazioni di natura epistemologica. La società aperta e i suoi nemici è un manifesto contro ogni forma di totalitarismo.
Popper riprende la distinzione operata da Henri Bergson tra società aperta e società chiusa per mettere in rilievo la distinzione netta tra democrazia e totalitarismi.La società chiusa è la società organizzata secondo rigide norme di comportamento, prevede il controllo soffocante della collettività sull’individuo: la società chiusa è l’espressione dei totalitarismi che, in nome della purezza della verità – che sia quella della razza, quella del destino storico del proletariato o della rivelazione religiosa -, sono pronti a sacrificare l’individuo.
La società aperta è fondata, invece, sulla salvaguardia delle libertà dei suoi membri, mediante istituzioni democratiche autocorregibili, aperte alla critica razionale e alle proposte di riforma.
La democrazia è tradizionalmente definita come governo del popolo, ma la definizione non risulta soddisfacente per Popper: democrazia si identifica con la possibilità da parte dei governati di controllare i governanti mediante una serie di istituzioni strategiche in grado di permettere il licenziamento dei governanti senza ricorrere alla violenza. Popper ritiene, poi, sciocca la domanda su chi dovrebbe governare tra capitalisti e lavoratori, perché la domanda giusta è: come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno?
Se gli uomini al potere non salvaguardano quelle istituzioni che assicurano alla minoranza la possibilità di lavorare per un cambiamento pacifico, il loro governo è una tirannia.
Lontano da metodi rivoluzionari, diventa essenziale che la democrazia debba permettere l’attuazione di riforme senza violenza; così si può riassumere il pensiero politico di Popper nella seguente espressione: piecemeal social tecnology, tecnologia sociale a spizzico, che prescrive interventi limitati e graduali.
Critica allo storicismo
Popper definisce lo storicismo come una velenosa malattia intellettuale; lo storicismo a cui Popper fa riferimento non è né lo storicismo tedesco contemporaneo né lo storicismo neoidealistico con cui condivide la tesi dell’inesistenza di leggi dello sviluppo storico; il concetto di storicismo di Popper è molto ampio: concezioni totalizzanti della storia di indirizzo idealistico, materialistico, positivistico, sociologistico, ecc; è uno schema polemico di natura tipico-ideale, di cui Popper si serve per alludere a tutte quelle filosofie che hanno preteso di cogliere un senso globale e oggettivo della storia, inteso come una sorta di destino cui gli individui dovrebbero uniformarsi, accettando la profetizzata direzione di marcia della società.
Karl Popper contesta lo storicismo perché:
Innanzitutto, l’utopista, intossicato dalla verità di cui si reputa portatore e missionario, avrà la tendenza a imporre agli altri, anche con la forza il suo progetto di società.In secondo luogo, il politico-artista (Popper usa tale appellativo perché la mentalità rivoluzionaria nasce da un estetismo, un sogno utopistico di perfezione e armonia che non può fare a meno di generare violenza) sarà a impegnato a sradicare le istituzioni e le tradizioni esistenti: «Egli deve purificare, purgare, espellere, bandire, uccidere». Ad esempio, Lenin riteneva che il marxismo dovesse risolversi ad ogni costo e di fronte alle sofferenze provocate dalla rivoluzione era pronto a rispondere «non si può fare una frittata senza rompere le uova». In terzo luogo, l’utopista sarà costretto a battersi contro tutte le altre utopie: non è possibile determinare i fini delle azioni politiche scientificamente o con metodi razionali, le differenze di opinioni circa le caratteristiche dello stato ideale non possono sempre essere appianate con il metodo dell’argomentazione. Non può esservi tolleranza tra utopie diverse.