IDEE PER INSEGNARE
Nella scuola convivono due tipi di valutazione: quella disciplinare, che porta alla formulazione del voto, e quella per competenze, collegata ad attività e problemi reali che coinvolgono i profili formativi di studentesse e studenti in modo più ampio. È possibile integrare due approcci così differenti?
Nella scuola italiana da qualche anno convivono due tipi di valutazione: da un lato la valutazione disciplinare, finalizzata alla formulazione del voto, collegata prevalentemente anche se non esclusivamente, ad attività di tipo accademico (esercitazioni, test, interrogazioni), dall’altro la più recente valutazione delle competenze, finalizzata alla certificazione, collegata ad attività che coinvolgono in modo più attivo gli studenti e che si aprono a problemi reali (compiti di realtà o autentici). Accade che nella valutazione delle discipline si formulino voti, non sempre tra l’altro trasparentemente illustrati nelle loro ragioni, mentre nella valutazione delle competenze ci si sforzi di individuare indicatori e descrittori di livello organizzati in rubriche: si percepisce in modo evidente una difficoltà nel cogliere appieno il rapporto esistente tra le due modalità. Molto spesso, quando con la propria disciplina si partecipa alla realizzazione di compiti complessi a carattere pluridisciplinare, non avviene una ricaduta sul voto disciplinare delle attività svolte in tale tipologia di compiti.
Permane inoltre la dicotomia tra valutazione formativa in itinere basata su osservazioni in situazione e valutazione sommativa finale basata su accertamento tramite prove scritte. Tale dicotomia è in parte coincidente con la precedente, perché il voto è lo strumento principe della valutazione sommativa, mentre la rubrica è uno strumento apprezzato per l’osservazione dei processi e per la valutazione formativa, grazie alla sua struttura descrittiva e mirata a focalizzare le componenti modificabili della competenza.
Il “doppio binario” valutativo sembra più tangibile nella scuola secondaria di secondo grado, ma è presente anche nella scuola secondaria di primo grado. Diversamente, nella scuola primaria, dove è in atto la sostituzione dei voti con i giudizi descrittivi (DM. 172/2020) si sta rivolgendo una rinnovata attenzione alla descrizione dei processi di apprendimento e alla ricerca di attività valutative e strumenti che li rendano meglio osservabili e valutabili.
Una adeguata riflessione sugli esiti che ci attendiamo può motivarci a ricercare vie per coniugare efficacemente le due modalità.
Se pensiamo che gli esiti desiderati dell’apprendimento disciplinare siano conoscenze che riproducono le informazioni proposte dai docenti nella didattica frontale e che la certificazione delle competenze sia solo una incombenza, magari derivata da un passivo adeguamento della scuola al mondo del lavoro, allora non c’è ragione di interrogarsi sul problema. Se, invece, gli esiti attesi sono apprendimenti significativi e profondi e pensiamo che la valutazione delle competenze rappresenti uno stimolo a introdurre nella didattica compiti di realtà o autentici, capaci di contribuire comunque ad apprendimenti significativi e profondi anche disciplinari, allora il problema è reale.
In questo secondo caso sentiremo infatti il bisogno di una valutazione che non si limiti ad accertare i risultati finali, ma che sostenga la rielaborazione degli apprendimenti attraverso la rilevazione consapevole in itinere - basata su osservazione del docente e auto osservazione dello studente - dei processi metodologici che li rendono possibili.
Questo significa individuare criteri valutativi più ampi di quelli tradizionalmente e mediamente utilizzati per il voto disciplinare, per poter restituire, attraverso la valutazione, la ricchezza del profilo formativo di una persona e di un cittadino piuttosto che il solo esito dell’accertamento delle conoscenze possedute da un bravo studente.
Questo significa altresì progettare un ambiente di apprendimento che promuova varietà di processi che caratterizzano il profilo formativo di chi apprende e la coerente raccolta di una varietà di dati valutativi ad essi correlati, con disponibilità all’osservazione e al confronto intersoggettivo.
Citando Vertecchi, che ne è il primo fautore in Italia, possiamo così definire la valutazione formativa: “La valutazione formativa ha lo scopo di fornire un'informazione continua e analitica circa il modo in cui l'allievo procede nell'itinerario di apprendimento. La valutazione formativa si colloca all'interno delle attività didattiche e concorre a determinarne lo sviluppo successivo” (Vertecchi B., 1984, p.71).
Diversamente, la valutazione sommativa si svolge alla fine di un percorso di apprendimento e accerta i risultati: ciò che l’allievo/a ha appreso, ciò che sa fare, ciò che ha elaborato e prodotto.
Una buona valutazione agisce prevalentemente sulla dimensione formativa, che dovrebbe essere l’unica nei primi anni della primaria. Man mano che lo studente cresce, accanto alla dimensione formativa assume un peso via via maggiore quella sommativa.
In questo modo l’allievo sperimenta la revisione continua, matura la fiducia nella possibilità del proprio miglioramento, si rapporta con i propri risultati finali e con i problemi valutativi che si incontrano nella vita.
Infine, la valutazione autentica, contrapposta tanto a quella accademica quanto a quella basata sui test, si basa su prestazioni e corrispondenti prodotti realizzati dagli allievi in contesti veri o verosimili, per destinatari reali o simulati e capaci di rendere possibile l’evidenza delle competenze in via di maturazione.
Secondo Comoglio, che ripropone un preciso concetto di Wiggins, si tratta di una valutazione che intende verificare non solo ciò che uno studente sa, ma ciò che “sa fare con ciò che sa”, fondata su una prestazione reale e adeguata dell’apprendimento anziché su test o prove espositive generiche.
Ora, considerando che “lo scopo della valutazione è quello di far emergere il maggior numero di informazioni sugli apprendimenti delle persone in crescita, non solo quelli di nozioni ma anche quelli inerenti ai comportamenti, per dare valore agli apprendimenti delle persone attraverso il riconoscimento delle competenze culturali e di cittadinanza che hanno acquisito” (Ferrari Zanchin 2020, p.61), si propone il concetto più ampio e comprensivo di valutazione integrata.
La finalità di questo tipo di valutazione è duplice.Da un lato integrare dati diversi:1. dati riferiti a diverse risorse dello studente;
2. dati provenienti da una varietà di prove proposte agli studenti;
3. dati provenienti da differenti tipologie di risultati dello studente.Dall’altro far interagire diverse forme della valutazione:1. la valutazione formativa;
2. la valutazione sommativa;
3. la valutazione autentica.
Focalizziamo ora l’ambiente di apprendimento, considerando due scenari che rappresentano due “tipologie” semplificate di azione didattica, con lo scopo di analizzare i presupposti e le modalità dell’azione valutativa. Per definire gli scenari, ci riferiremo a due tipologie di docenti: il docente content centered, attento ai contenuti di conoscenza e il docente learner centered, attento alla centralità dello studente.Nel primo scenario (docente content centered) consideriamo il caso un docente che svolge la sua attività riservando il 75% del tempo a lezioni frontali e il 25 % ad attività di accertamento, che ipotizziamo consistenti in prove di verifica scritte e prove di verifica orale, centrate prevalentemente sul possesso di contenuti disciplinari e di specifiche abilità della disciplina.
In questo scenario l’attività valutativa si baserà su criteri che saranno prevalentemente relativi allo specifico disciplinare, non facilmente enumerabili perché solo raramente sono esplicitati.
Gli aspetti metodologici (che troveremo invece nel secondo scenario) costituiscono qui una parte trascurabile del campo valutativo, poiché i dati che si possono raccogliere tramite prove di accertamento possono riferirsi a questi aspetti solo operando inferenze (per esempio: nella prova ha citato contributi molto pertinenti, quindi ha buona capacità di reperire informazioni e utilizzare fonti).
In generale, questo tipo di valutazione, anche quando è svolta in itinere, è di tipo sommativo e si applica ad un segmento di percorso didattico oppure ad un periodo formativo – trimestre o quadrimestre – oppure all’intera annualità.
Se vorremo dare più enfasi agli aspetti metodologici e di competenza, dovremo prevedere anche forme diverse di rilevazione dei dati, che non si avvalgano soltanto di prove di accertamento, e di strumenti di verifica complementari al voto.Nel secondo scenario (docente learner centered) consideriamo il caso di un docente che differenzia in modo consistente le sue strategie e le sue metodologie didattiche.
Svolge la sua attività cercando di promuovere conoscenze, abilità e competenze; riserva sempre parti consistenti delle sue lezioni all’applicazione, al “far fare” e, in relazione ad esso, alla riflessione; attua generalmente una Unità di Apprendimento interdisciplinare all’anno, che progetta e che conduce in team così da co-costruire competenze insieme agli altri colleghi; propone compiti autentici anche brevi e disciplinari. Sul piano valutativo il docente opera forme di valutazione formative in itinere e sommative solo alla fine del periodo; rileva dati affiancando l’osservazione in situazione alla somministrazione di prove; utilizza repertori di evidenze cioè comportamenti osservabili che testimoniano uno specifico agire competente (secondo Da Re, 2016, p.126, “ Le evidenze rispondono alla domanda dei docenti: “Da che cosa ci accorgiamo che l’alunno sta agendo in modo competente?” vedi il paragrafo 4) e rubriche di osservazione-valutazione; promuove l’autovalutazione da parte degli studenti e forme di co-valutazione; cerca costantemente di sviluppare sia competenze disciplinari che competenze metodologico-trasversali.
In questo scenario il docente learner centered organizza il proprio lavoro in modo più articolato rispetto allo scenario precedente, sia perché la progettazione della varietà di esperienze e di correlate occasioni valutative richiede innovazione e creatività rispetto alla pratica di routine consolidate, sia per la maggior ricchezza relazionale richiesta dall'attività di co-progettazione in team e dal confronto intersoggettivo ai fini valutativi.
Inoltre, il docente learner centered attua le iniziative formative in un ambiente di apprendimento da lui stesso generato, nel quale non c’è più netta distinzione tra attività formativa e attività valutativa: queste si fondono in un continuum di stimoli e feedback (richiamando Castoldi, la nuova filosofia valutativa si caratterizza per “la ricorsività tra momento formativo e valutativo, per la quale il secondo diventa parte integrante e «strumento di intelligenza» del primo, in contrasto con la tradizionale separazione presente nella valutazione tradizionale”. Castoldi 2016, pag. 67) conferendo fluidità all’azione che si colloca in un contesto autentico. Viene a cadere la differenziazione rigida tra trasmissione del sapere e momenti di accertamento (Castoldi 2016, pag. 62: la valutazione tradizionale, ispirata da una logica di «controllo», “si fonda su una separazione netta tra momento formativo e momento valutativo e tende a privilegiare interlocutori esterni all'esperienza scolastica”); si sfuma la componente di ingegneria verificativa necessaria per gestire le molte prove di verifica in itinere in favore di una architettura dell’apprendimento necessaria per creare le condizioni entro cui ciascuno studente possa condurre il progressivo e consapevole sviluppo delle proprie competenze.
Infine, nella gestione dell’attività formativa basata sulle competenze chiave europee, il docente learner centered può rilevare, attraverso osservazioni strutturate sulle evidenze delle competenze di cittadinanza, molte informazioni e dati utili ai fini dell’attribuzione del voto di comportamento.
La varietà di criteri può essere organizzata in repertori sinottici di evidenze di competenza, nel paragrafo precedente definite come comportamenti osservabili che testimoniano uno specifico agire competente, imperniate su verbi matrice che ne generano i descrittori. Sviluppandosi in verticale nei quattro gradi dell’istruzione, i repertori possono costituire la matrice di un curricolo verticale e continuo dall’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, con lo scopo di scandagliare le traiettorie di sviluppo delle competenze attraverso prospettive di osservazione multiple e intersoggettive.
Con questo approccio si concretizza la progettazione a ritroso: i criteri per valutare lo sviluppo delle competenze attese vengono stabiliti mentre si individuano le competenze stesse, e coerentemente si creerà l’ambiente di apprendimento, si definiranno i compiti e le attività valutative, immaginando fin da subito come valutarle. Il processo in realtà non è lineare bensì circolare: la definizione dei compiti e delle operazioni a sua volta consentirà di focalizzare i criteri valutativi, in un rimando reciproco.
L’insieme delle competenze, sgranate in evidenze, disegna, in un’accezione olistica, il profilo di uno studente-cittadino che si muove con autonomia e responsabilità (commisurate alla sua età e al suo stadio di crescita) in diversi campi, siano essi culturali, sociali, privati o professionali.
Per quanto riguarda il suo utilizzo in vista della valutazione, il repertorio è una griglia di criteri: indica gli elementi sui quali raccogliere le “osservazioni sistematiche” che saranno di fondamento per la valutazione formativa in itinere e per la valutazione sommativa finale (di periodo, di anno, di segmento, di percorso) dello studente. In sintesi, dice cosa dobbiamo osservare per poterlo valutare.
Se il repertorio è condiviso, esso consente di intrecciare e confrontare le osservazioni sistematiche e le valutazioni svolte in svariati periodi, da insegnanti diversi, in contesti molteplici. Su di esso si può fondare un comune linguaggio di valutazione.
Presentato agli studenti (in forma leggera per i più giovani, in forma via via più completa per i più grandi), esso sostiene il processo di autovalutazione e co-valutazione.
La proposta reperibile al link riportato all’inizio di questo paragrafo rappresenta dunque un esempio di partenza: le evidenze possono essere individuate attraverso un processo condiviso all'interno degli istituti scolastici, migliorate e adattate nel tempo come una delle attività qualificanti del PTOF.
• Castoldi M., Valutare e certificare le competenze. Carocci editore, Roma, 2016.
• Comoglio M., Prefazione a Wiggins, G., & McTighe, J., Fare progettazione: la “teoria” di un percorso didattico per la comprensione significativa, LAS, Roma, 2004.
• Da Re F., Competenze: didattica, valutazione, certificazione; Pearson, Milano-Torino, 2016.
• Decreto Legislativo n. 62, 13 aprile 2017 per il primo e per il secondo ciclo di istruzione; Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio 2015, n. 107. (17G00070) (GU n.112 del 16-5-2017 - Suppl. Ordinario n. 23).
• Decreto Ministeriale n.172, 4 dicembre 2020, Valutazione periodica e finale degli apprendimenti delle alunne e degli alunni delle classi della scuola primaria.
• Ferrari A., Zanchin M.R., La valutazione integrata. Tra discipline e competenze: una guida metodologica operativa, Pearson, Milano-Torino, 2020.
• Vertecchi B., Manuale della valutazione. Analisi degli apprendimenti, Editori Riuniti, Roma, 1984.
• Wiggins, G., & McTighe, J. (2004a). Fare progettazione: la “teoria” di un percorso didattico per la comprensione significativa. LAS, Roma, 2004.