Visita virtuale in una chiesa ortodossa
La Chiesa ortodossa è definita anche Chiesa orientale poiché aveva il suo centro nel Medio Oriente, a differenza della Chiesa occidentale che aveva la sua sede principale a Roma. Da Gerusalemme e Istanbul (Costantinopoli), la Chiesa ortodossa si è poi diffusa in Bulgaria, Romania, Grecia e soprattutto in Russia. Vi sono inoltre cinque milioni di ortodossi negli Stati Uniti come risultato dell’emigrazione dall’Europa dell’Est. A causa delle circostanze politiche è difficile fare una stima esatta di quanti fedeli conti la Chiesa ortodossa oggi, ma se ne possono calcolare approssimativamente 150 milioni. Diversità e divergenze di opinione con la Chiesa occidentale di lingua latina cominciarono a sorgere, molto presto, nella Chiesa orientale, la quale non era disposta, tra l’altro, a riconoscere la sovranità del Papa. La rottura vera e propria con Roma avvenne nel 1054.
Le Chiese ortodosse non hanno un’organizzazione accentrata, sono autonome e indipendenti. Ciascuna di esse è retta da un patriarca. I patriarcati più importanti sono quelli di Mosca, di Costantinopoli e di Gerusalemme. In Grecia la Chiesa ortodossa è Chiesa di Stato. In Russia la Chiesa ortodossa era strettamente legata al regno degli Zar, e subì quindi violente persecuzioni dopo la rivoluzione bolscevica del 1917. La struttura ecclesiastica è organizzata nei seguenti livelli: patriarca, metropolita, arcivescovo, vescovo, prete e diacono. Il celibato è obbligatorio per i vescovi, ma non per i preti (il matrimonio però deve essere stato contratto prima dell’ordinazione). Nella Chiesa ortodossa vi sono monasteri e conventi, ma non ordini diversi e indipendenti come nella Chiesa Cattolica. Ogni monastero è soggetto al vescovo locale.La base della dottrina ortodossa è la Tradizione, così come si trova espressa nella Bibbia, e le deliberazioni dei primi sette Concili Ecumenici (tra il 325 e il 789). Particolare importanza ha il Credo niceno, la professione di fede degli ortodossi. È bene chiarire che la Tradizione per gli ortodossi non consiste semplicemente in una serie di dogmi. Essa, per usare le loro stesse parole, è «la corrente viva che scorre attraverso la storia della Chiesa fino ai giorni nostri, sempre pulsante e rinnovatrice».
La Chiesa ortodossa è spesso definita «Chiesa della fede nella Risurrezione», per il grande rilievo che essa dà alla risurrezione di Cristo. Secondo questa dottrina Cristo, Uomo e Dio, con la sua vittoria sulla morte ha salvato gli uomini. Il Suo trionfo ha reso divina la natura dell’uomo. Cristo «si fece uomo perché noi potessimo essere resi divini», ha scritto Atanasio verso il 300. Tutto ciò che la Chiesa fa è considerato sacramentale, ma i sacramenti, in senso proprio, sono sette.
È diffuso il battesimo dei neonati, il quale è spesso seguito direttamente dalla cresima, ragion per cui anche i bambini possono partecipare alla celebrazione eucaristica. Secondo la concezione ortodossa, il pane e il vino divengono il corpo e il sangue di Cristo grazie alla forza sublimatrice dello Spirito Santo. Al momento del Giudizio Universale, gli eletti saranno separati dai dannati. Ma numerosi ortodossi hanno rifiutato la dottrina della dannazione eterna e hanno aderito alla dottrina del Padre della Chiesa Origene, detta del «ripristino di tutte le cose» o «apocatastasi», secondo la quale tutti gli uomini, perfino lo stesso Satana e i suoi angeli alla fine verranno salvati. Questa dottrina fu condannata da un concilio ecclesiastico nel 553, ma riaffiora in molti teologi del nostro tempo, senza che questi siano dichiarati eretici dalla propria Chiesa.
Per comprendere la funzione religiosa degli ortodossi occorre prima conoscere la struttura architettonica della chiesa, modellata sul Tempio di Salomone a Gerusalemme. Si entra prima in un vestibolo, dove si trova il fonte battesimale, a simboleggiare che è attraverso il rito del battesimo che si entra a far parte della Chiesa. Oltre il vestibolo c’è la navata della chiesa vera e propria, dove la comunità si raccoglie durante la funzione religiosa. L’altare è separato dalla navata e sottratto alla vista dei fedeli dall’iconòstasi e si trova nel punto più sacro del tempio al quale può accedere solo il sacerdote. L’iconòstasi è una specie di parete ricoperta dai tipici quadri religiosi ortodossi, le icone, con le immagini di Cristo, di Maria, degli Apostoli e dei Santi. Per un credente ortodosso, Dio si rivela attraverso le icone, che si trovano anche nelle case e vengono usate per la meditazione.
La Messa ortodossa trasmette un grande senso di armonia e di bellezza: processioni con incenso e torce, candele che vengono accese e spente, l’atto di inginocchiarsi e baciare le icone, i canti eseguiti dal coro senza accompagnamento di strumenti musicali. L’essenziale comunque non sta nell’esteriorità del rito, ma nel suo contenuto: la messa è un ripercorrere simbolico tutta la storia della salvezza, dalla creazione del mondo alla nascita, morte e risurrezione di Cristo. La giornata liturgica comincia alle sei del pomeriggio, ma il ciclo delle funzioni religiose attraversa tutto il giorno: vespero, messa del mattino e liturgia (messa solenne). La creazione è simboleggiata, all’inizio della funzione, dall’ingresso del sacerdote nella navata della chiesa interamente illuminata, mentre si cantano brani dei salmi di Davide. Quando il sacerdote si ritira nella zona più sacra e chiude il cancello dell’iconòstasi, si spengono le candele per ricordare la cacciata dell’uomo dal Paradiso Terrestre. Più tardi il sacerdote ed i suoi diaconi, all’inizio della funzione liturgica vera e propria, attraversano nuovamente la chiesa con candele e turiboli a ricordare che Cristo è nato e che la sua luce splende per gli uomini.Il punto culminante della liturgia è l’Eucaristia. Prima ha luogo la consacrazione del pane e del vino nella zona sacra e il prete e il diacono assumono il sacramento presso l’altare. Poi viene aperta la doppia porta al centro dell’iconòstasi, chiamata «cancello del Re». I fedeli avanzano e, in piedi, ricevono il corpo e il sangue di Cristo. La forte accentuazione data dalla teologia ortodossa alla risurrezione di Cristo, fa della messa pasquale, celebrata la notte del Sabato Santo, la funzione più importante dell’anno liturgico.
Per capire il significato della Messa ortodossa bisogna rifarsi al concetto fondamentale che sta alla base del Vangelo secondo Giovanni: che la fede cioè non nasce dallo studio o dalla speculazione filosofica, ma dal lasciarsi coinvolgere nel grande mistero del Cristianesimo. E questo avviene, in primo luogo, nella celebrazione ortodossa.Tre sono le divisioni principali: sulla figura del Papa, sulla disciplina del matrimonio, sui dogmi mariani (Immacolata Concezione e Assunzione in Cielo) e su ogni altra dottrina o legge definite – cioè proclamate – da Roma e dai suoi Concili dopo la separazione del 1054 (Scisma d’Oriente). Al Papa le Chiese dell’Ortodossia sono disposte a riconoscere un primato d’onore ma non un primato di giurisdizione, cioè di governo. La giurisdizione nelle Chiese Ortodosse spetta al Sinodo, cioè al “collegio” di tutti i vescovi di ogni singola Chiesa; per il rapporto tra Chiese spetta al Concilio (o Sinodo) Panortodosso che riunisce tutti i vescovi di tutte le Chiese. Una riunione di tale Concilio – mai più convocato dopo l’ottavo secolo – è prevista per giugno a Creta. Per le Chiese Ortodosse il matrimonio è unico come per la Chiesa Cattolica, ma con varia regolamentazione tutte praticano una “benedizione” delle seconde nozze per il coniuge incolpevole della rottura del primo matrimonio.
La Chiesa ortodossa condivise la comunione con la Chiesa cattolica romana fino al grande scisma del 1054, che fu il culmine delle secolari controversie tra oriente e occidente su questioni teologiche, politiche e culturali, in particolare sull'autorità pontificia. Prima del Concilio di Efeso nel 431 d.C., anche la Chiesa d'Oriente condivideva tale comunione, così come le varie Chiese ortodosse orientali prima del Concilio di Calcedonia nel 451 d.C., tutte poi separate principalmente per via di alcune differenze riguardanti la cristologia. La maggior parte dei cristiani ortodossi orientali vive principalmente nell'Europa sudorientale e orientale, a Cipro, in Georgia e in parti della regione del Caucaso, in Siberia e nell'Estremo Oriente russo. Circa la metà dei cristiani ortodossi orientali vive nelle nazioni appartenenti nell'ex Unione Sovietica, principalmente in Russia. Vi sono comunità anche nelle ex regioni bizantine dell'Africa, nel Mediterraneo orientale e nel Medio Oriente, tuttavia in costante diminuzione a causa delle persecuzioni religiose. I suoi patriarcati, che ricordano la pentarchia, e le altre chiese autocefale e autonome, riflettono una varietà di organizzazione gerarchica.
Una differenza evidente tra religione cattolica e religione ortodossa consiste nelle date delle feste religiose. Ad esempio il Natale ortodosso cade il 7 gennaio al posto del 25 dicembre. Così anche le altre festività. Questa differenza è dovuta al fatto che gli ortodossi, non riconoscendo l’autorità del Papa, non si sono uniformati alla riforma del calendario giuliano promossa dal Papa Gregorio XIII nel 1582, che introdusse il calendario Gregoriano (dal suo nome).
Prima del 1582 il calendario di riferimento era quello Giuliano, introdotto da Giulio Cesare nell’antica Roma intorno all’anno 50 avanti Cristo. Secondo il calendario giuliano, sono bisestili gli anni la cui numerazione è multipla di 4: l'anno giuliano medio dura quindi 365 giorni e 6 ore (la media di tre anni di 365 giorni e uno di 366). Questa durata non corrisponde esattamente a quella dell’anno solare medio, che si ricava dalle osservazioni astronomiche: quest'ultimo infatti è più corto di 11 minuti e 14 secondi. Di conseguenza, il calendario giuliano accumula un giorno di ritardo ogni circa 128 anni rispetto al trascorrere delle stagioni
Nel 1582 si era ormai accumulata una differenza di circa 10 giorni. Questo significava, ad esempio, che la primavera, in base alle osservazioni astronomiche, non risultava più iniziare il 21 marzo, ma l'11 marzo. Così la Pasqua, che avrebbe dovuto cadere la prima domenica dopo il plenilunio di primavera, veniva spesso a cadere nella data sbagliata.
Venne dunque stabilito di recuperare i giorni perduti, in modo da riallineare la data d'inizio delle stagioni con quella che si aveva nel 325 all’epoca del Concilio di Nicea. Per recuperare i dieci giorni perduti, si stabilì che il giorno successivo al 4 ottobre 1582 fosse il 15 ottobre anziché il 5. Il secondo provvedimento del Papa fu quello di modificare la regola dei giorni bisestili per evitare che lo slittamento della data tornasse a verificarsi nel futuro.
Anche i Paesi che adottarono il calendario gregoriano successivamente dovettero stabilire un analogo "salto di giorni" per riallinearsi. In Russia il calendario gregoriano è entrato in vigore nel 1918, subito dopo la rivoluzione. Le chiese ortodosse hanno però mantenuto il vecchio metodo di calcolo del giorno di Pasqua e le vecchie date delle festività religiose.Altro aspetto legato al non riconoscimento dell’autorità del Papa è il seguire da parte degli ortodossi le regole della tradizione antica in tema di preti sposati.
Fin dai tempi degli apostoli, infatti, la Chiesa ha permesso di diventare preti, oltre ai celibi, anche agli uomini sposati. Quando la disciplina del matrimonio fu fissata nei Concili di Ancira (314), Nicea (325), Gangra (c. 350) e nel Concilio Trullano del 692, fu rispettata questa tradizione, con la riserva di scegliere i vescovi tra gli uomini non sposati. Non era invece ammesso il matrimonio dopo l'ordinazione a prete, e se un membro del clero rimasto vedovo desiderava risposarsi, doveva accettare la riduzione allo stato laicale, cioè doveva rinunciare alla carica di prete.
La Chiesa ortodossa segue tuttora questa tradizione, senza alcuna modifica. Occorre correggere il luogo comune che parla di "preti che si sposano" nelle Chiese ortodosse: esistono preti sposati, ma non preti che si sposano (a meno di venire ridotti allo stato laicale).
Inoltre, è bene ricordare che nella Chiesa ortodossa i preti e diaconi sposati sono tenuti a offrire nella loro vita matrimoniale una immagine rigorosa e ideale del sacramento nuziale. Pertanto, non può essere ordinato agli Ordini maggiori un uomo che abbia sposato una divorziata o una vedova, o che abbia contratto un secondo matrimonio.
La chiesa cattolica romana abbandonò questa tradizione con i due Concili Lateranensi (1123 e 1139), nei quali venne stabilito il celibato sacerdotale, vale a dire potevano diventare sacerdoti solo uomini non sposati. Gli ortodossi, non riconoscendo l’autorità del Papa, non adottarono questa regola, ma rimasero fedeli alla tradizione.Le icone innanzitutto son parte integrante della vita di un fedele ortodosso.
Mentre non è inconsueto vedere cattolici romani pregare per lungo tempo di fronte a immagini sacre, si può facilmente notare come i fedeli ortodossi assumano un atteggiamento di maggiore dialogo e interazione con le icone: nella tradizione ortodossa è d'uso, entrando in una chiesa o in una casa, segnarsi di fronte alle icone, baciandole e accendendo di fronte a loro candele e lampade. In stretta conformità con i decreti del settimo Concilio Ecumenico (Nicea, 787), il cui Sinodico fa parte integrante del culto ortodosso, la venerazione delle immagini sacre è parte integrante della vita di fede, pubblica e privata, dei cristiani ortodossi, che nella loro iconografia hanno un segno di straordinaria continuità con la fede apostolica. Questo forte senso di compenetrazione con le immagini sacre è andato sempre più affievolendosi in Occidente, con una progressiva decadenza verso un'arte naturalistica indulgente al razionalismo e al sentimentalismo, e all'uso dell'immagine come "supporto meditativo".
Il termine, letteralmente "immagine", indica nella tradizione ortodossa le "immagini sante" oggetto di venerazione nel culto cristiano. Il canone figurativo e l’archetipo iconografico, strettamente legati al culto liturgico, vennero fissati nel concilio di Nicea del IX secolo la continuità dei prototipi venne garantita dalla divulgazione dei manuali dei pittori riproducenti modelli, regole tecniche e spirituali necessarie alla corretta replica dei "tipi". In origine l’icona designava ogni tipo di immagine devozionale, comprendendo icone in diverse tecniche materiali derivate dalla tradizione ellenistica. Il modello dell’icona dipinta su tavola di formato rettangolare, ad immagine singola frontale, rimarrà il più usato anche in epoche successive, affiancato da trittici e da nuove forme e soluzioni iconografiche che andarono complicandosi progressivamente. Il ritorno ai prototipi e il ripetersi dei tipi iconografici prestabiliti fu un fattore che durò ben oltre la caduta dell’Impero di Bisanzio (1453).
La pittura di icone storicamente nasce dalla tecnica dell'affresco, ma si è evoluta in maniera abbastanza complessa, soprattutto per la preparazione della tavola, che non deve incurvarsi e deve essere resistente agli agenti atmosferici. La stesura dell'oro sul disegno, fatto a matita e poi inciso con un ago, costituisce lo sfondo. Poi l'artista dipinge servendosi di colori fatti con polveri naturali mescolate al giallo d'uovo. Quando la pittura Х terminata, si applica sulla superficie uno strato protettivo, composto del migliore olio di lino e di varie resine, come l'ambra gialla. Questa vernice imbeve i colori e ne fa una massa omogenea, dura e resistente. Alla sua superficie vengono fissate le polveri, e questo col tempo dà alla massa una tinta scura. Se la si toglie, i colori appaiono al di sotto nel loro splendore originale.
Il luogo liturgico fondamentale delle icone è il tempio e, nel tempio, anzitutto l'iconostasi, cioè la parete che separa i fedeli dal santuario ove si celebra il sacrificio. Di regola gli iconografi sono dei monaci.
Nel mondo slavo e bizantino la contemplazione delle icone aveva (ed ha) un valore salvifico pari a quello della lettura delle Sacre Scritture. Di qui l'accesa disputa passata alla storia col nome di "iconoclastia".
Tre sono le caratteristiche fondamentali di tutte le icone:
1. la luce naturale non ha alcun valore, ma sia essa che tutti i colori terreni sono soltanto luce e colori riflessi; nell'icona quindi non c'è ombra o chiaroscuro; il fondo e tutte le linee, le sottolineature d'oro vogliono proprio significare una luce sovrannaturale;
2. la prospettiva è rovesciata, poichè le linee si dirigono in senso inverso rispetto a chi guarda, cioè è non verso un punto di fuga dietro il quadro, ma proprio verso un punto esterno, che avvicina le linee allo spettatore, dando l'impressione che i personaggi gli vadano incontro (i profili infatti non esistono, se non per indicare i peccatori, nè la tridimensionalità, in quanto la profondità viene data solo spiritualmente, dall'intensità degli sguardi);
3. le proporzioni delle figure, la posizione degli oggetti, la loro grandezza non sono naturali (pesi e volumi non esistono), ma relative al valore delle persone o delle cose: non esiste naturalismo o realismo (cioè è la ritrattistica), ma solo simbolismo.
Il corpo, sempre slanciato, sottile, con testa e piedi minuscoli, è disegnato a tratti leggeri, e il più delle volte segue le linee delle volte del tempio, in quanto la pittura dipende dall'architettura. Tutto comunque è dominato dal volto, perchè è da qui che il pittore prende le mosse. Gli occhi sono molto grandi, fissi, a volte malinconici, sotto una fronte larga e alta; il naso è allungato, le labbra sono sottili, il mento è sfuggente, il collo è gonfio. Tutto per indicare ascesi, purezza, interiorità
Altro aspetto frequente che si trova nelle icone è la simmetria, che indica un centro ideale al quale tutto converge.
In Europa occidentale l'iconografia è rimasta sostanzialmente di tipo bizantino sino a Giotto, cioè sino al momento in cui si è cominciato a introdurre la prospettiva della profondità, il chiaroscuro naturalistico, il realismo ottico, perdendo così progressivamente il carattere misterico e trascendente delle rappresentazioni sacre. La Chiesa ortodossa ha mantenuto le rigide regole della tradizione in tema di digiuno (es. durante la Quaresima. Come per i periodi di digiuno quaresimale, si è visto nella Chiesa cattolica romana un progressivo indebolimento delle regole: con le recenti riforme il digiuno eucaristico si è ridotto a una singola ora di astinenza dai cibi e bevande, eccettuata l'acqua. Nella Chiesa ortodossa, dove l'antica pratica è invece rimasta immutata, per chi desidera comunicarsi nulla può essere mangiato o bevuto dal momento del risveglio al mattino.
In merito ai periodi di digiuno, la tradizione cattolica ha gradualmente soppresso nel tempo i periodi quaresimali di astinenza e di digiuno (tanto da arrivare ai tempi attuali a un precetto di digiuno pressoché simbolico, limitato ai venerdì di Quaresima e al Mercoledì delle Ceneri).
Gli ortodossi, in conformità con i costumi della Chiesa del primo millennio, mantengono tuttora quattro periodi quaresimali:
1- la Grande Quaresima (sette settimane prima della Pasqua, corrispondenti alla quaresima latina)
2- il Digiuno degli Apostoli (dal termine dell'ottava di Pentecoste fino alla festa dei Santi Pietro e Paolo, il 29 Giugno)
3- Il Digiuno dell'Assunzione (i primi 15 giorni di agosto)
4- Il Digiuno di Natale (quaranta giorni, dal 15 novembre al 24 Dicembre). Inoltre, sono giorni di digiuno e astinenza tutti i mercoledì e i venerdì dell'anno (nei monasteri anche i lunedì), le vigilie delle grandi feste, e alcune festività particolari, come quella dell'Esaltazione della Santa Croce (14 Settembre). Le eccezioni a questi periodi di digiuno sono poche, ed è stato calcolato che nella vita degli ortodossi sono più numerosi i giorni di digiuno di quelli in cui è lecito di cibarsi di ogni cosa.Un altro aspetto su cui desidero soffermarmi è la simbologia della croce ortodossa.Dopo le reciproche scomuniche del 1054 (Scisma d’Oriente), l’Ortodossia e la Cattolicità restano separate e in contrasto totale fino alla metà del secolo scorso. Le scomuniche sono state abrogate (formalmente: «Cancellate dalla memoria e dal seno della Chiesa») con una «dichiarazione comune» di Paolo VI e del Patriarca di Costantinopoli Atenagora il 7 dicembre 1965 (l’8 dicembre si chiudeva il Concilio Vaticano II; il 5 gennaio 1964 Atenagora e Paolo VI si erano incontrati a Gerusalemme). Da allora molti passi di avvicinamento sono stati compiuti e dal 1980 è attiva una «Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica Romana e Le Chiese Ortodosse». In caso di necessità c’è il riconoscimento reciproco dei sacramenti e del culto: un cattolico può fare la comunione in una celebrazione ortodossa e viceversa. Non è più considerato un ostacolo l’inserimento nel “Credo” da parte di Roma dell’affermazione che lo Spirito Santo procede anche dal Figlio, oltre che dal Padre (questione detta del «Filioque»), inserimento mai accettato dagli ortodossi: si è adottata la soluzione pragmatica di utilizzare, nelle celebrazioni ecumeniche, cioè comuni, testi del Credo precedenti a tale inserimento (che è del quinto secolo). Tre sono le divisioni principali: sulla figura del Papa, sulla disciplina del matrimonio, sui dogmi mariani (Immacolata Concezione e Assunzione in Cielo) e su ogni altra dottrina o legge definite – cioè proclamate – da Roma e dai suoi Concili dopo la separazione del 1054 (Scisma d’Oriente). Al Papa le Chiese dell’Ortodossia sono disposte a riconoscere un primato d’onore ma non un primato di giurisdizione, cioè di governo. La giurisdizione nelle Chiese Ortodosse spetta al Sinodo, cioè al “collegio” di tutti i vescovi di ogni singola Chiesa; per il rapporto tra Chiese spetta al Concilio (o Sinodo) Panortodosso che riunisce tutti i vescovi di tutte le Chiese. Una riunione di tale Concilio – mai più convocato dopo l’ottavo secolo – è prevista per giugno a Creta. Per le Chiese Ortodosse il matrimonio è unico come per la Chiesa Cattolica, ma con varia regolamentazione tutte praticano una “benedizione” delle seconde nozze per il coniuge incolpevole della rottura del primo matrimonio.Dunque, la Chiesa Ortodossa Greca è un’associazione di Chiese “autocefale”, ovvero che si autogovernano. Il Patriarca di Costantinopoli, attualmente Bartolomeo I, è il leader spirituale di questi cristiani, ma non ha alcun potere di governo sulle “Chiese” individuali.La Chiesa ortodossa orientale è un insieme di Chiese autocefale o autonome, in comunione reciproca.
Patriarcati antichi: Costantinopoli (Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli), Alessandria (Chiesa greco-ortodossa di Alessandria), Antiochia (Chiesa greco-ortodossa di Antiochia), Gerusalemme (Chiesa greco-ortodossa di Gerusalemme)
Patriarcato di Mosca (Chiesa ortodossa russa)Patriarcato di Sofia (Chiesa ortodossa bulgara)Patriarcato di Belgrado (Chiesa ortodossa serba)Chiesa ortodossa georgianaChiesa ortodossa romena
Chiesa ortodossa grecaChiesa ortodossa polaccaChiesa ortodossa albaneseChiesa ortodossa ceca e slovaccaChiesa ortodossa dell'Ucraina (autocefalia accordata dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli ma non accettata dal patriarcato di Mosca)Chiesa ortodossa in America (autocefalia accordata dal patriarcato di Mosca ma non accettata dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli)
Chiesa ortodossa del Monte Sinai (sotto il patriarcato di Gerusalemme)Chiesa ortodossa finlandese (sotto il patriarcato di Costantinopoli)Chiesa ortodossa estone (chiesa semi-autonoma sotto il patriarcato di Mosca)Chiesa ortodossa apostolica estone (sotto il patriarcato di Costantinopoli) (autonomia accordata dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ma non riconosciuta dal patriarcato di Mosca)Chiesa ortodossa bielorussa (sotto il patriarcato di Mosca)Chiesa ortodossa giapponese (sotto il patriarcato di Mosca)Chiesa ortodossa cinese (sotto il patriarcato di Mosca) - sostanzialmente defuntaChiesa ortodossa lettone (sotto il patriarcato di Mosca)Chiesa ortodossa ucraina (sotto il Patriarcato di Mosca)Chiesa ortodossa nordcoreana (sotto il Patriarcato di Mosca)Metropolia dell'Europa occidentale (sotto il patriarcato di Mosca) (Giurisdizione non universalmente riconosciuta)Arcivescovado ortodosso di Ocrida (sotto il patriarcato serbo ortodosso di Belgrado)
1. La Chiesa Ortodossa Russa
Governata dal «Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie», è la più numerosa di tutte le Chiese Ortodosse: conta circa 150 milioni di battezzati, che rappresentano i due terzi dell’intera Ortodossia. Oltre che in Russia è presente in tutte le Repubbliche ex sovietiche e ha comunità dell’emigrazione nell’Europa Occidentale, nelle Americhe, in Giappone, in Australia, in Nuova Zelanda. A Cuba c’è una comunità di immigrazione che risale a prima della Rivoluzione d’Ottobre.
2. La Chiesa Copta Ortodossa
Il termine copto significa semplicemente "egiziano" e deriva dal nome che i greci davano all'Egitto: Aígyptos. Ma l'origine è più antica e la si fa risalire a uno dei nomi sacri della città di Menfi: Hi-ka-ptah cioè “la dimora del Ka (principio vitale per la religione egizia) di Ptah”. I musulmani, dopo aver conquistato l’Egitto (639-642), chiamarono gli egiziani nativi qibt che divenne poi “copto” nelle lingue occidentali. Poiché gli egiziani erano in massima parte cristiani, la definizione di “copto” acquistò anche un carattere religioso che permane tutt'oggi. I copti sono gli egiziani di religione cristiana.La chiesa copta ortodossa, che si chiama anche chiesa di Alessandria, ha origine apostolica. La sua fondazione risale alla predicazione di san Marco evangelista che, secondo Eusebio di Cesarea, è giunto ad Alessandria per predicare l’evangelo nell’anno 42 e vi è ritornato una seconda volta nel 61. Ad Alessandria trovò anche il martirio. Certamente il cristianesimo si sviluppa ad Alessandria in ambiente giudaico di lingua greca. La chiesa di Alessandria alle sue origini dovette lottare con lo gnosticismo che si appropriò di elementi propri del cristianesimo fornendone un’interpretazione eterodossa. Nel iii secolo ad Alessandria, città cosmopolita e centro culturale di prim’ordine, Origene diede un contributo fondamentale all’elaborazione del pensiero cristiano; fu esegeta, filologo, teologo, autore spirituale. Sotto la sua guida il Didaskaleîon, la scuola catechetica di Alessandria, raggiunse il suo massimo splendore.I cristiani in Egitto subirono diverse persecuzioni ma nessuna fu talmente sanguinosa come quelle di Diocleziano nel 303-304 e di Massimino Daia imperatore dal 305 al 313; tra le sue vittime vi fu l’arcivescovo di Alessandria, Pietro, chiamato dalla tradizione copta "il sigillo dei martiri" perché concluse la grande epoca del martirio. La persecuzione di Diocleziano segnò profondamente la chiesa copta a tal punto che essa ha stabilito il 284, l’anno di inizio del regno di questo imperatore, come primo anno del proprio calendario chiamato "dei martiri". Con l’inizio del iv secolo la chiesa di Alessandria fu lacerata dall’arianesimo, dottrina teologica che prende il nome dal presbitero egiziano Ario e che sarà all’origine di una secolare controversia ad un tempo teologica, politica ed ecclesiastica in tutta la chiesa d’oriente e d'occidente. Atanasio il Grande (328-373) fu il difensore del Credo di Nicea contro l’arianesimo; sotto il suo patriarcato fiorì il monachesimo nella sua forma anacoretica (Antonio il Grande, di cui Atanasio stesso scrisse la vita), semi-anacoretica (Macario e i suoi discepoli) e cenobitica (Pacomio e i suoi discepoli).Se il concilio di Nicea aveva riconosciuto come sedi episcopali importanti Roma, Alessandria e Antiochia, il concilio di Costantinopoli del 381 vide affermarsi la chiesa di Costantinopoli, sede della nuova capitale imperiale, cui venne attribuito il primato d’onore dopo il vescovo di Roma. Tale definizione segnò l’avvio di forti tensioni tra Costantinopoli e Alessandria. Dopo il concilio di Calcedonia (451) e la condanna del vescovo di Alessandria Dioscoro, successore di Cirillo, l’avversario di Nestorio, gran parte dei vescovi alessandrini rifiutarono le decisioni conciliari. La chiesa in Egitto, come in altre regioni orientali, si divise in due fazioni: anticalcedonese e procalcedonese, detta anche melchita (da melek = imperatore, perché in accordo con l’imperatore bizantino). Da allora esistono in Egitto due patriarchi di Alessandria, l’uno copto-ortodosso (non-calcedonese) e l’altro greco-ortodosso (melchita). Dopo Calcedonia la chiesa non-calcedonese fu duramente perseguitata dal potere imperiale bizantino.Quando i musulmani invasero l’Egitto (639-642), i cristiani non-calcedonesi costituivano la maggioranza della popolazione. All’inizio della dominazione musulmana i cristiani godettero di una relativa libertà religiosa. Considerati dhimmi, cioè “protetti”, erano tenuti a pagare forti tasse, ancora più gravose di quelle imposte dai bizantini, ma non erano forzati alla conversione all’islam. Con l’inizio dell’viii secolo iniziarono però le persecuzioni; la tassazione divenne sempre più pesante e riguardò anche i monaci e gli ecclesiastici fino ad allora esenti; per chi cercava di sottrarsi vi erano gravi punizioni che giungevano fino alla condanna a morte. I copti cominciarono a rifugiarsi nel deserto o a nascondersi nelle grandi città. I copti furono sottoposti a una serie di restrizioni, costretti a indossare abiti particolari che li distinguessero dai musulmani; le chiese cominciarono a essere distrutte e la libertà di culto fu limitata. Vi fu un periodo di pace sotto la dinastia dei Tulunidi (870-905) e sotto i primi decenni di quella dei Fatimidi che conquistarono l’Egitto nel 906, ma fu seguito dalla crudele repressione del califfo al-Hakim bi-amr Allah (996-1021) che ebbe quale risultato la conversione di molti copti all’islam. Sotto il sultano Salah al-Din (Saladino, 1171-1193) furono introdotte nuove misure anticristiane che limitavano fortemente la vita liturgica e i copti furono allontanati dalla pubblica amministrazione. Tali misure accelerarono il processo di islamizzazione del paese: per poter sopravvivere i copti erano di fatto costretti alla conversione all’islam. Dal 1250 al 1517 l’Egitto fu governato dai mamelucchi; per i copti fu un’epoca tragica di continue vessazioni e persecuzioni.Per circa tre secoli, dal 1517 al 1798, l’Egitto fu dominato dai turchi. Fu una delle stagioni più tristi per la chiesa copta. Verso la fine di quest'epoca il papa di Roma, Benedetto XIV (1740-1758), pose le basi per la creazione di una chiesa copta cattolica creando una gerarchia fedele a Roma.
Durante la breve parentesi rappresentata dall’occupazione napoleonica (1798-1801), i copti ottennero migliori condizioni di vita e libertà di culto. Tale condizioni di libertà religiosa migliorarono ulteriormente con l’avvento al potere di Muhammad ʻAli (1805-1849) e, con il decreto del 1856, con il quale il sultano di Costantinopoli aveva abolito il sistema della dhimma in tutto l’impero ottomano e concesso la libertà a tutti i sudditi cristiani, la chiesa copta conobbe una vera e propria rinascita. Il patriarca Cirillo IV "padre della riforma" (1854-1861) promosse una riforma culturale e liturgica importante, purtroppo interrotta dalla sua morte improvvisa. Il patriarca Cirillo VI (1959-1971), un eremita, inaugurò un tempo di rinnovamento per la chiesa attuando una serie di importanti riforme in vari campi, in particolare quello della formazione teologica dei presbiteri e del dialogo ecumenico. Sotto il suo patriarcato conobbe un grande risveglio anche il monachesimo: nel 1967 padre Matta el Meskin, suo discepolo spirituale, riformò la vita comunitaria nello storico Monastero di San Macario, attirando molto presto centinaia di giovani monaci. Con l’ascesa al potere di Nasser (1952-1970), a causa della sua politica discriminatoria nei confronti dei cristiani, i copti cominciarono a emigrare alla ricerca di condizioni di vita migliori. Il risveglio religioso islamico e la nuova costituzione promulgata da Sadat (1971-1981) che rese la shariʻa islamica "la fonte principale della legislazione" provocarono un clima di intolleranza che portò a stragi a sfondo religioso. Il patriarca Shenuda III, eletto il 31 marzo del 1971, considerato da Sadat un oppositore politico, fu confinato nel Monastero di Anba Pišoi nel Wadi el Natrun e al suo posto fu nominata una commissione di cinque vescovi con l’incarico di amministrare la chiesa. Anba Shenuda rientrò nelle sue funzioni il 2 gennaio 1985 sotto la presidenza di Mubarak (1981-2011).L’attuale papa della chiesa copta ortodossa, Tawadros II, è stato eletto il 4 novembre 2012. Le violenze contro i cristiani in Egitto purtroppo continuano a essere all’ordine del giorno. L'ultima tragedia risale al 26 maggio 2017 quando un autobus di pellegrini cristiani pieno di bambini e diretto al Monastero di San Samuele è stato assaltato da alcuni terroristi. I morti sono stati almeno 28. Rito e lingua: La Chiesa copta ha una sua liturgia, detta copta o alessandrina, originariamente redatta in greco e poi tradotta in copto e in arabo. Nelle terre di emigrazione si prega anche nelle lingue locali. Attualmente le anafore eucaristiche impiegate sono tre: quella di Basilio per il tempo per annum e quelle di Cirillo d’Alessandria e di Gregorio di Nazianzo per le feste. L’anno liturgico, la cui datazione parte come abbiamo detto dal 284, segue l'antico calendario egiziano legato al calendario giuliano. Questo significa che oggi la chiesa egiziana celebra le feste della chiesa indivisa tredici giorni dopo rispetto al calendario occidentale. I periodi di digiuno (più di 200 giorni all'anno) e di astinenza dai cibi di origine animale sono quattro in preparazione delle grandi feste (Natale, Pasqua di Giona, Resurrezione, Apostoli, Assunzione della Vergine). Brevi notizie sulla situazione attuale: Tawadros II porta il titolo di papa di Alessandria e patriarca della predicazione di San Marco e risiede al Cairo. L’organizzazione ecclesiastica comprende 123 metropoliti e vescovi, titolari o non titolari di diocesi, che sono sparsi in tutto il territorio egiziano e nel mondo. L'ultima chiesa ad essere stata consacrata dalle mani di papa Tawadros II in persona si trova a Tokyo. Dei numerosissimi monasteri storici che sorsero a partire dal iv secolo sopravvive ancora un buon numero. Al Cairo vi sono quattro monasteri femminili. La chiesa ortodossa etiopica ha fatto parte della chiesa copta e per questo è stata chiamata in occidente "copta". Data l'autocefalia ottenuta nel 1959 sarebbe bene evitare questa denominazione ormai fuorviante. In Italia vi è attualmente una sede episcopale occupata da Anba Barnaba, titolare della diocesi di Torino e Roma, e una sede metropolitana vacante dopo la recente scomparsa del metropolita Anba Kyrolos (1995-2017) che copre le regioni settentrionali (escluso il Piemonte) e il canton Ticino in Svizzera. Dimensione ecumenica: Oltre che del Consiglio Ecumenico della Chiese che ha contribuito a fondare, la chiesa copta ortodossa è membro del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente e del Consiglio delle Chiese di tutta l’Africa.
La Chiesa ortodossa è definita anche Chiesa orientale poiché aveva il suo centro nel Medio Oriente, a differenza della Chiesa occidentale che aveva la sua sede principale a Roma. Da Gerusalemme e Istanbul (Costantinopoli), la Chiesa ortodossa si è poi diffusa in Bulgaria, Romania, Grecia e soprattutto in Russia. Vi sono inoltre cinque milioni di ortodossi negli Stati Uniti come risultato dell’emigrazione dall’Europa dell’Est. A causa delle circostanze politiche è difficile fare una stima esatta di quanti fedeli conti la Chiesa ortodossa oggi, ma se ne possono calcolare approssimativamente 150 milioni. Diversità e divergenze di opinione con la Chiesa occidentale di lingua latina cominciarono a sorgere, molto presto, nella Chiesa orientale, la quale non era disposta, tra l’altro, a riconoscere la sovranità del Papa. La rottura vera e propria con Roma avvenne nel 1054. Le Chiese ortodosse non hanno un’organizzazione accentrata, sono autonome e indipendenti. Ciascuna di esse è retta da un patriarca. I patriarcati più importanti sono quelli di Mosca, di Costantinopoli e di Gerusalemme. In Grecia la Chiesa ortodossa è Chiesa di Stato. In Russia la Chiesa ortodossa era strettamente legata al regno degli Zar, e subì quindi violente persecuzioni dopo la rivoluzione bolscevica del 1917. La struttura ecclesiastica è organizzata nei seguenti livelli: patriarca, metropolita, arcivescovo, vescovo, prete e diacono. Il celibato è obbligatorio per i vescovi, ma non per i preti (il matrimonio però deve essere stato contratto prima dell’ordinazione). Nella Chiesa ortodossa vi sono monasteri e conventi, ma non ordini diversi e indipendenti come nella Chiesa Cattolica. Ogni monastero è soggetto al vescovo locale.La base della dottrina ortodossa è la Tradizione, così come si trova espressa nella Bibbia, e le deliberazioni dei primi sette Concili Ecumenici (tra il 325 e il 789). Particolare importanza ha il Credo niceno, la professione di fede degli ortodossi. È bene chiarire che la Tradizione per gli ortodossi non consiste semplicemente in una serie di dogmi. Essa, per usare le loro stesse parole, è «la corrente viva che scorre attraverso la storia della Chiesa fino ai giorni nostri, sempre pulsante e rinnovatrice». La Chiesa ortodossa è spesso definita «Chiesa della fede nella Risurrezione», per il grande rilievo che essa dà alla risurrezione di Cristo. Secondo questa dottrina Cristo, Uomo e Dio, con la sua vittoria sulla morte ha salvato gli uomini. Il Suo trionfo ha reso divina la natura dell’uomo. Cristo «si fece uomo perché noi potessimo essere resi divini», ha scritto Atanasio verso il 300. Tutto ciò che la Chiesa fa è considerato sacramentale, ma i sacramenti, in senso proprio, sono sette.
È diffuso il battesimo dei neonati, il quale è spesso seguito direttamente dalla cresima, ragion per cui anche i bambini possono partecipare alla celebrazione eucaristica. Secondo la concezione ortodossa, il pane e il vino divengono il corpo e il sangue di Cristo grazie alla forza sublimatrice dello Spirito Santo. Al momento del Giudizio Universale, gli eletti saranno separati dai dannati. Ma numerosi ortodossi hanno rifiutato la dottrina della dannazione eterna e hanno aderito alla dottrina del Padre della Chiesa Origene, detta del «ripristino di tutte le cose» o «apocatastasi», secondo la quale tutti gli uomini, perfino lo stesso Satana e i suoi angeli alla fine verranno salvati. Questa dottrina fu condannata da un concilio ecclesiastico nel 553, ma riaffiora in molti teologi del nostro tempo, senza che questi siano dichiarati eretici dalla propria Chiesa. Per comprendere la funzione religiosa degli ortodossi occorre prima conoscere la struttura architettonica della chiesa, modellata sul Tempio di Salomone a Gerusalemme. Si entra prima in un vestibolo, dove si trova il fonte battesimale, a simboleggiare che è attraverso il rito del battesimo che si entra a far parte della Chiesa. Oltre il vestibolo c’è la navata della chiesa vera e propria, dove la comunità si raccoglie durante la funzione religiosa. L’altare è separato dalla navata e sottratto alla vista dei fedeli dall’iconòstasi e si trova nel punto più sacro del tempio al quale può accedere solo il sacerdote. L’iconòstasi è una specie di parete ricoperta dai tipici quadri religiosi ortodossi, le icone, con le immagini di Cristo, di Maria, degli Apostoli e dei Santi. Per un credente ortodosso, Dio si rivela attraverso le icone, che si trovano anche nelle case e vengono usate per la meditazione.
La Messa ortodossa trasmette un grande senso di armonia e di bellezza: processioni con incenso e torce, candele che vengono accese e spente, l’atto di inginocchiarsi e baciare le icone, i canti eseguiti dal coro senza accompagnamento di strumenti musicali. L’essenziale comunque non sta nell’esteriorità del rito, ma nel suo contenuto: la messa è un ripercorrere simbolico tutta la storia della salvezza, dalla creazione del mondo alla nascita, morte e risurrezione di Cristo. La giornata liturgica comincia alle sei del pomeriggio, ma il ciclo delle funzioni religiose attraversa tutto il giorno: vespero, messa del mattino e liturgia (messa solenne). La creazione è simboleggiata, all’inizio della funzione, dall’ingresso del sacerdote nella navata della chiesa interamente illuminata, mentre si cantano brani dei salmi di Davide. Quando il sacerdote si ritira nella zona più sacra e chiude il cancello dell’iconòstasi, si spengono le candele per ricordare la cacciata dell’uomo dal Paradiso Terrestre. Più tardi il sacerdote ed i suoi diaconi, all’inizio della funzione liturgica vera e propria, attraversano nuovamente la chiesa con candele e turiboli a ricordare che Cristo è nato e che la sua luce splende per gli uomini.Il punto culminante della liturgia è l’Eucaristia. Prima ha luogo la consacrazione del pane e del vino nella zona sacra e il prete e il diacono assumono il sacramento presso l’altare. Poi viene aperta la doppia porta al centro dell’iconòstasi, chiamata «cancello del Re». I fedeli avanzano e, in piedi, ricevono il corpo e il sangue di Cristo. La forte accentuazione data dalla teologia ortodossa alla risurrezione di Cristo, fa della messa pasquale, celebrata la notte del Sabato Santo, la funzione più importante dell’anno liturgico. Per capire il significato della Messa ortodossa bisogna rifarsi al concetto fondamentale che sta alla base del Vangelo secondo Giovanni: che la fede cioè non nasce dallo studio o dalla speculazione filosofica, ma dal lasciarsi coinvolgere nel grande mistero del Cristianesimo. E questo avviene, in primo luogo, nella celebrazione ortodossa.Tre sono le divisioni principali: sulla figura del Papa, sulla disciplina del matrimonio, sui dogmi mariani (Immacolata Concezione e Assunzione in Cielo) e su ogni altra dottrina o legge definite – cioè proclamate – da Roma e dai suoi Concili dopo la separazione del 1054 (Scisma d’Oriente). Al Papa le Chiese dell’Ortodossia sono disposte a riconoscere un primato d’onore ma non un primato di giurisdizione, cioè di governo. La giurisdizione nelle Chiese Ortodosse spetta al Sinodo, cioè al “collegio” di tutti i vescovi di ogni singola Chiesa; per il rapporto tra Chiese spetta al Concilio (o Sinodo) Panortodosso che riunisce tutti i vescovi di tutte le Chiese. Una riunione di tale Concilio – mai più convocato dopo l’ottavo secolo – è prevista per giugno a Creta. Per le Chiese Ortodosse il matrimonio è unico come per la Chiesa Cattolica, ma con varia regolamentazione tutte praticano una “benedizione” delle seconde nozze per il coniuge incolpevole della rottura del primo matrimonio.La Chiesa ortodossa condivise la comunione con la Chiesa cattolica romana fino al grande scisma del 1054, che fu il culmine delle secolari controversie tra oriente e occidente su questioni teologiche, politiche e culturali, in particolare sull'autorità pontificia. Prima del Concilio di Efeso nel 431 d.C., anche la Chiesa d'Oriente condivideva tale comunione, così come le varie Chiese ortodosse orientali prima del Concilio di Calcedonia nel 451 d.C., tutte poi separate principalmente per via di alcune differenze riguardanti la cristologia. La maggior parte dei cristiani ortodossi orientali vive principalmente nell'Europa sudorientale e orientale, a Cipro, in Georgia e in parti della regione del Caucaso, in Siberia e nell'Estremo Oriente russo. Circa la metà dei cristiani ortodossi orientali vive nelle nazioni appartenenti nell'ex Unione Sovietica, principalmente in Russia. Vi sono comunità anche nelle ex regioni bizantine dell'Africa, nel Mediterraneo orientale e nel Medio Oriente, tuttavia in costante diminuzione a causa delle persecuzioni religiose. I suoi patriarcati, che ricordano la pentarchia, e le altre chiese autocefale e autonome, riflettono una varietà di organizzazione gerarchica.Una differenza evidente tra religione cattolica e religione ortodossa consiste nelle date delle feste religiose. Ad esempio il Natale ortodosso cade il 7 gennaio al posto del 25 dicembre. Così anche le altre festività. Questa differenza è dovuta al fatto che gli ortodossi, non riconoscendo l’autorità del Papa, non si sono uniformati alla riforma del calendario giuliano promossa dal Papa Gregorio XIII nel 1582, che introdusse il calendario Gregoriano (dal suo nome).
Prima del 1582 il calendario di riferimento era quello Giuliano, introdotto da Giulio Cesare nell’antica Roma intorno all’anno 50 avanti Cristo. Secondo il calendario giuliano, sono bisestili gli anni la cui numerazione è multipla di 4: l'anno giuliano medio dura quindi 365 giorni e 6 ore (la media di tre anni di 365 giorni e uno di 366). Questa durata non corrisponde esattamente a quella dell’anno solare medio, che si ricava dalle osservazioni astronomiche: quest'ultimo infatti è più corto di 11 minuti e 14 secondi. Di conseguenza, il calendario giuliano accumula un giorno di ritardo ogni circa 128 anni rispetto al trascorrere delle stagioni
Nel 1582 si era ormai accumulata una differenza di circa 10 giorni. Questo significava, ad esempio, che la primavera, in base alle osservazioni astronomiche, non risultava più iniziare il 21 marzo, ma l'11 marzo. Così la Pasqua, che avrebbe dovuto cadere la prima domenica dopo il plenilunio di primavera, veniva spesso a cadere nella data sbagliata.
Venne dunque stabilito di recuperare i giorni perduti, in modo da riallineare la data d'inizio delle stagioni con quella che si aveva nel 325 all’epoca del Concilio di Nicea. Per recuperare i dieci giorni perduti, si stabilì che il giorno successivo al 4 ottobre 1582 fosse il 15 ottobre anziché il 5. Il secondo provvedimento del Papa fu quello di modificare la regola dei giorni bisestili per evitare che lo slittamento della data tornasse a verificarsi nel futuro.
Anche i Paesi che adottarono il calendario gregoriano successivamente dovettero stabilire un analogo "salto di giorni" per riallinearsi. In Russia il calendario gregoriano è entrato in vigore nel 1918, subito dopo la rivoluzione. Le chiese ortodosse hanno però mantenuto il vecchio metodo di calcolo del giorno di Pasqua e le vecchie date delle festività religiose.Altro aspetto legato al non riconoscimento dell’autorità del Papa è il seguire da parte degli ortodossi le regole della tradizione antica in tema di preti sposati.
Fin dai tempi degli apostoli, infatti, la Chiesa ha permesso di diventare preti, oltre ai celibi, anche agli uomini sposati. Quando la disciplina del matrimonio fu fissata nei Concili di Ancira (314), Nicea (325), Gangra (c. 350) e nel Concilio Trullano del 692, fu rispettata questa tradizione, con la riserva di scegliere i vescovi tra gli uomini non sposati. Non era invece ammesso il matrimonio dopo l'ordinazione a prete, e se un membro del clero rimasto vedovo desiderava risposarsi, doveva accettare la riduzione allo stato laicale, cioè doveva rinunciare alla carica di prete.
La Chiesa ortodossa segue tuttora questa tradizione, senza alcuna modifica. Occorre correggere il luogo comune che parla di "preti che si sposano" nelle Chiese ortodosse: esistono preti sposati, ma non preti che si sposano (a meno di venire ridotti allo stato laicale).
Inoltre, è bene ricordare che nella Chiesa ortodossa i preti e diaconi sposati sono tenuti a offrire nella loro vita matrimoniale una immagine rigorosa e ideale del sacramento nuziale. Pertanto, non può essere ordinato agli Ordini maggiori un uomo che abbia sposato una divorziata o una vedova, o che abbia contratto un secondo matrimonio.
La chiesa cattolica romana abbandonò questa tradizione con i due Concili Lateranensi (1123 e 1139), nei quali venne stabilito il celibato sacerdotale, vale a dire potevano diventare sacerdoti solo uomini non sposati. Gli ortodossi, non riconoscendo l’autorità del Papa, non adottarono questa regola, ma rimasero fedeli alla tradizione.Le icone innanzitutto son parte integrante della vita di un fedele ortodosso.
Mentre non è inconsueto vedere cattolici romani pregare per lungo tempo di fronte a immagini sacre, si può facilmente notare come i fedeli ortodossi assumano un atteggiamento di maggiore dialogo e interazione con le icone: nella tradizione ortodossa è d'uso, entrando in una chiesa o in una casa, segnarsi di fronte alle icone, baciandole e accendendo di fronte a loro candele e lampade. In stretta conformità con i decreti del settimo Concilio Ecumenico (Nicea, 787), il cui Sinodico fa parte integrante del culto ortodosso, la venerazione delle immagini sacre è parte integrante della vita di fede, pubblica e privata, dei cristiani ortodossi, che nella loro iconografia hanno un segno di straordinaria continuità con la fede apostolica. Questo forte senso di compenetrazione con le immagini sacre è andato sempre più affievolendosi in Occidente, con una progressiva decadenza verso un'arte naturalistica indulgente al razionalismo e al sentimentalismo, e all'uso dell'immagine come "supporto meditativo".
Il termine, letteralmente "immagine", indica nella tradizione ortodossa le "immagini sante" oggetto di venerazione nel culto cristiano. Il canone figurativo e l’archetipo iconografico, strettamente legati al culto liturgico, vennero fissati nel concilio di Nicea del IX secolo la continuità dei prototipi venne garantita dalla divulgazione dei manuali dei pittori riproducenti modelli, regole tecniche e spirituali necessarie alla corretta replica dei "tipi". In origine l’icona designava ogni tipo di immagine devozionale, comprendendo icone in diverse tecniche materiali derivate dalla tradizione ellenistica. Il modello dell’icona dipinta su tavola di formato rettangolare, ad immagine singola frontale, rimarrà il più usato anche in epoche successive, affiancato da trittici e da nuove forme e soluzioni iconografiche che andarono complicandosi progressivamente. Il ritorno ai prototipi e il ripetersi dei tipi iconografici prestabiliti fu un fattore che durò ben oltre la caduta dell’Impero di Bisanzio (1453).
La pittura di icone storicamente nasce dalla tecnica dell'affresco, ma si è evoluta in maniera abbastanza complessa, soprattutto per la preparazione della tavola, che non deve incurvarsi e deve essere resistente agli agenti atmosferici. La stesura dell'oro sul disegno, fatto a matita e poi inciso con un ago, costituisce lo sfondo. Poi l'artista dipinge servendosi di colori fatti con polveri naturali mescolate al giallo d'uovo. Quando la pittura Х terminata, si applica sulla superficie uno strato protettivo, composto del migliore olio di lino e di varie resine, come l'ambra gialla. Questa vernice imbeve i colori e ne fa una massa omogenea, dura e resistente. Alla sua superficie vengono fissate le polveri, e questo col tempo dà alla massa una tinta scura. Se la si toglie, i colori appaiono al di sotto nel loro splendore originale.
Il luogo liturgico fondamentale delle icone è il tempio e, nel tempio, anzitutto l'iconostasi, cioè la parete che separa i fedeli dal santuario ove si celebra il sacrificio. Di regola gli iconografi sono dei monaci.
Nel mondo slavo e bizantino la contemplazione delle icone aveva (ed ha) un valore salvifico pari a quello della lettura delle Sacre Scritture. Di qui l'accesa disputa passata alla storia col nome di "iconoclastia".
Tre sono le caratteristiche fondamentali di tutte le icone:
1. la luce naturale non ha alcun valore, ma sia essa che tutti i colori terreni sono soltanto luce e colori riflessi; nell'icona quindi non c'è ombra o chiaroscuro; il fondo e tutte le linee, le sottolineature d'oro vogliono proprio significare una luce sovrannaturale;
2. la prospettiva è rovesciata, poichè le linee si dirigono in senso inverso rispetto a chi guarda, cioè è non verso un punto di fuga dietro il quadro, ma proprio verso un punto esterno, che avvicina le linee allo spettatore, dando l'impressione che i personaggi gli vadano incontro (i profili infatti non esistono, se non per indicare i peccatori, nè la tridimensionalità, in quanto la profondità viene data solo spiritualmente, dall'intensità degli sguardi);
3. le proporzioni delle figure, la posizione degli oggetti, la loro grandezza non sono naturali (pesi e volumi non esistono), ma relative al valore delle persone o delle cose: non esiste naturalismo o realismo (cioè è la ritrattistica), ma solo simbolismo.
Il corpo, sempre slanciato, sottile, con testa e piedi minuscoli, è disegnato a tratti leggeri, e il più delle volte segue le linee delle volte del tempio, in quanto la pittura dipende dall'architettura. Tutto comunque è dominato dal volto, perchè è da qui che il pittore prende le mosse. Gli occhi sono molto grandi, fissi, a volte malinconici, sotto una fronte larga e alta; il naso è allungato, le labbra sono sottili, il mento è sfuggente, il collo è gonfio. Tutto per indicare ascesi, purezza, interiorità
Altro aspetto frequente che si trova nelle icone è la simmetria, che indica un centro ideale al quale tutto converge.
In Europa occidentale l'iconografia è rimasta sostanzialmente di tipo bizantino sino a Giotto, cioè sino al momento in cui si è cominciato a introdurre la prospettiva della profondità, il chiaroscuro naturalistico, il realismo ottico, perdendo così progressivamente il carattere misterico e trascendente delle rappresentazioni sacre. La Chiesa ortodossa ha mantenuto le rigide regole della tradizione in tema di digiuno (es. durante la Quaresima. Come per i periodi di digiuno quaresimale, si è visto nella Chiesa cattolica romana un progressivo indebolimento delle regole: con le recenti riforme il digiuno eucaristico si è ridotto a una singola ora di astinenza dai cibi e bevande, eccettuata l'acqua. Nella Chiesa ortodossa, dove l'antica pratica è invece rimasta immutata, per chi desidera comunicarsi nulla può essere mangiato o bevuto dal momento del risveglio al mattino.
In merito ai periodi di digiuno, la tradizione cattolica ha gradualmente soppresso nel tempo i periodi quaresimali di astinenza e di digiuno (tanto da arrivare ai tempi attuali a un precetto di digiuno pressoché simbolico, limitato ai venerdì di Quaresima e al Mercoledì delle Ceneri).
Gli ortodossi, in conformità con i costumi della Chiesa del primo millennio, mantengono tuttora quattro periodi quaresimali:
1- la Grande Quaresima (sette settimane prima della Pasqua, corrispondenti alla quaresima latina)
2- il Digiuno degli Apostoli (dal termine dell'ottava di Pentecoste fino alla festa dei Santi Pietro e Paolo, il 29 Giugno)
3- Il Digiuno dell'Assunzione (i primi 15 giorni di agosto)
4- Il Digiuno di Natale (quaranta giorni, dal 15 novembre al 24 Dicembre). Inoltre, sono giorni di digiuno e astinenza tutti i mercoledì e i venerdì dell'anno (nei monasteri anche i lunedì), le vigilie delle grandi feste, e alcune festività particolari, come quella dell'Esaltazione della Santa Croce (14 Settembre). Le eccezioni a questi periodi di digiuno sono poche, ed è stato calcolato che nella vita degli ortodossi sono più numerosi i giorni di digiuno di quelli in cui è lecito di cibarsi di ogni cosa.Un altro aspetto su cui desidero soffermarmi è la simbologia della croce ortodossa.Dopo le reciproche scomuniche del 1054 (Scisma d’Oriente), l’Ortodossia e la Cattolicità restano separate e in contrasto totale fino alla metà del secolo scorso. Le scomuniche sono state abrogate (formalmente: «Cancellate dalla memoria e dal seno della Chiesa») con una «dichiarazione comune» di Paolo VI e del Patriarca di Costantinopoli Atenagora il 7 dicembre 1965 (l’8 dicembre si chiudeva il Concilio Vaticano II; il 5 gennaio 1964 Atenagora e Paolo VI si erano incontrati a Gerusalemme). Da allora molti passi di avvicinamento sono stati compiuti e dal 1980 è attiva una «Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica Romana e Le Chiese Ortodosse». In caso di necessità c’è il riconoscimento reciproco dei sacramenti e del culto: un cattolico può fare la comunione in una celebrazione ortodossa e viceversa. Non è più considerato un ostacolo l’inserimento nel “Credo” da parte di Roma dell’affermazione che lo Spirito Santo procede anche dal Figlio, oltre che dal Padre (questione detta del «Filioque»), inserimento mai accettato dagli ortodossi: si è adottata la soluzione pragmatica di utilizzare, nelle celebrazioni ecumeniche, cioè comuni, testi del Credo precedenti a tale inserimento (che è del quinto secolo). Tre sono le divisioni principali: sulla figura del Papa, sulla disciplina del matrimonio, sui dogmi mariani (Immacolata Concezione e Assunzione in Cielo) e su ogni altra dottrina o legge definite – cioè proclamate – da Roma e dai suoi Concili dopo la separazione del 1054 (Scisma d’Oriente). Al Papa le Chiese dell’Ortodossia sono disposte a riconoscere un primato d’onore ma non un primato di giurisdizione, cioè di governo. La giurisdizione nelle Chiese Ortodosse spetta al Sinodo, cioè al “collegio” di tutti i vescovi di ogni singola Chiesa; per il rapporto tra Chiese spetta al Concilio (o Sinodo) Panortodosso che riunisce tutti i vescovi di tutte le Chiese. Una riunione di tale Concilio – mai più convocato dopo l’ottavo secolo – è prevista per giugno a Creta. Per le Chiese Ortodosse il matrimonio è unico come per la Chiesa Cattolica, ma con varia regolamentazione tutte praticano una “benedizione” delle seconde nozze per il coniuge incolpevole della rottura del primo matrimonio.Dunque, la Chiesa Ortodossa Greca è un’associazione di Chiese “autocefale”, ovvero che si autogovernano. Il Patriarca di Costantinopoli, attualmente Bartolomeo I, è il leader spirituale di questi cristiani, ma non ha alcun potere di governo sulle “Chiese” individuali.La Chiesa ortodossa orientale è un insieme di Chiese autocefale o autonome, in comunione reciproca.
Patriarcati antichi:
Costantinopoli (Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli), Alessandria (Chiesa greco-ortodossa di Alessandria), Antiochia (Chiesa greco-ortodossa di Antiochia), Gerusalemme (Chiesa greco-ortodossa di Gerusalemme)
Patriarcato di Mosca (Chiesa ortodossa russa)Patriarcato di Sofia (Chiesa ortodossa bulgara)Patriarcato di Belgrado (Chiesa ortodossa serba)Chiesa ortodossa georgianaChiesa ortodossa romena
Chiesa ortodossa grecaChiesa ortodossa polaccaChiesa ortodossa albaneseChiesa ortodossa ceca e slovaccaChiesa ortodossa dell'Ucraina (autocefalia accordata dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli ma non accettata dal patriarcato di Mosca)Chiesa ortodossa in America (autocefalia accordata dal patriarcato di Mosca ma non accettata dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli)
Chiesa ortodossa del Monte Sinai (sotto il patriarcato di Gerusalemme)
Chiesa ortodossa finlandese (sotto il patriarcato di Costantinopoli)
Chiesa ortodossa estone (chiesa semi-autonoma sotto il patriarcato di Mosca)
Chiesa ortodossa apostolica estone (sotto il patriarcato di Costantinopoli, autonomia accordata dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ma non riconosciuta dal patriarcato di Mosca)
Chiesa ortodossa bielorussa (sotto il patriarcato di Mosca)
Chiesa ortodossa giapponese (sotto il patriarcato di Mosca)
Chiesa ortodossa cinese (sotto il patriarcato di Mosca) - sostanzialmente defunta
Chiesa ortodossa lettone (sotto il patriarcato di Mosca)
Chiesa ortodossa ucraina (sotto il Patriarcato di Mosca)
Chiesa ortodossa nordcoreana (sotto il Patriarcato di Mosca)
Metropolia dell'Europa occidentale (sotto il patriarcato di Mosca, Giurisdizione non universalmente riconosciuta)
Arcivescovado ortodosso di Ocrida (sotto il patriarcato serbo ortodosso di Belgrado)
1. La Chiesa Ortodossa Russa
Governata dal «Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie», è la più numerosa di tutte le Chiese Ortodosse: conta circa 150 milioni di battezzati, che rappresentano i due terzi dell’intera Ortodossia. Oltre che in Russia è presente in tutte le Repubbliche ex sovietiche e ha comunità dell’emigrazione nell’Europa Occidentale, nelle Americhe, in Giappone, in Australia, in Nuova Zelanda. A Cuba c’è una comunità di immigrazione che risale a prima della Rivoluzione d’Ottobre.
2. La Chiesa Copta Ortodossa
Il termine copto significa semplicemente "egiziano" e deriva dal nome che i greci davano all'Egitto: Aígyptos. Ma l'origine è più antica e la si fa risalire a uno dei nomi sacri della città di Menfi: Hi-ka-ptah cioè “la dimora del Ka (principio vitale per la religione egizia) di Ptah”. I musulmani, dopo aver conquistato l’Egitto (639-642), chiamarono gli egiziani nativi qibt che divenne poi “copto” nelle lingue occidentali. Poiché gli egiziani erano in massima parte cristiani, la definizione di “copto” acquistò anche un carattere religioso che permane tutt'oggi. I copti sono gli egiziani di religione cristiana.La chiesa copta ortodossa, che si chiama anche chiesa di Alessandria, ha origine apostolica. La sua fondazione risale alla predicazione di san Marco evangelista che, secondo Eusebio di Cesarea, è giunto ad Alessandria per predicare l’evangelo nell’anno 42 e vi è ritornato una seconda volta nel 61.
Ad Alessandria trovò anche il martirio. Certamente il cristianesimo si sviluppa ad Alessandria in ambiente giudaico di lingua greca. La chiesa di Alessandria alle sue origini dovette lottare con lo gnosticismo che si appropriò di elementi propri del cristianesimo fornendone un’interpretazione eterodossa. Nel iii secolo ad Alessandria, città cosmopolita e centro culturale di prim’ordine, Origene diede un contributo fondamentale all’elaborazione del pensiero cristiano; fu esegeta, filologo, teologo, autore spirituale. Sotto la sua guida il Didaskaleîon, la scuola catechetica di Alessandria, raggiunse il suo massimo splendore.I cristiani in Egitto subirono diverse persecuzioni ma nessuna fu talmente sanguinosa come quelle di Diocleziano nel 303-304 e di Massimino Daia imperatore dal 305 al 313; tra le sue vittime vi fu l’arcivescovo di Alessandria, Pietro, chiamato dalla tradizione copta "il sigillo dei martiri" perché concluse la grande epoca del martirio.
La persecuzione di Diocleziano segnò profondamente la chiesa copta a tal punto che essa ha stabilito il 284, l’anno di inizio del regno di questo imperatore, come primo anno del proprio calendario chiamato "dei martiri". Con l’inizio del iv secolo la chiesa di Alessandria fu lacerata dall’arianesimo, dottrina teologica che prende il nome dal presbitero egiziano Ario e che sarà all’origine di una secolare controversia ad un tempo teologica, politica ed ecclesiastica in tutta la chiesa d’oriente e d'occidente. Atanasio il Grande (328-373) fu il difensore del Credo di Nicea contro l’arianesimo; sotto il suo patriarcato fiorì il monachesimo nella sua forma anacoretica (Antonio il Grande, di cui Atanasio stesso scrisse la vita), semi-anacoretica (Macario e i suoi discepoli) e cenobitica (Pacomio e i suoi discepoli).Se il concilio di Nicea aveva riconosciuto come sedi episcopali importanti Roma, Alessandria e Antiochia, il concilio di Costantinopoli del 381 vide affermarsi la chiesa di Costantinopoli, sede della nuova capitale imperiale, cui venne attribuito il primato d’onore dopo il vescovo di Roma. Tale definizione segnò l’avvio di forti tensioni tra Costantinopoli e Alessandria. Dopo il concilio di Calcedonia (451) e la condanna del vescovo di Alessandria Dioscoro, successore di Cirillo, l’avversario di Nestorio, gran parte dei vescovi alessandrini rifiutarono le decisioni conciliari.
La chiesa in Egitto, come in altre regioni orientali, si divise in due fazioni: anticalcedonese e procalcedonese, detta anche melchita (da melek = imperatore, perché in accordo con l’imperatore bizantino). Da allora esistono in Egitto due patriarchi di Alessandria, l’uno copto-ortodosso (non-calcedonese) e l’altro greco-ortodosso (melchita). Dopo Calcedonia la chiesa non-calcedonese fu duramente perseguitata dal potere imperiale bizantino.Quando i musulmani invasero l’Egitto (639-642), i cristiani non-calcedonesi costituivano la maggioranza della popolazione. All’inizio della dominazione musulmana i cristiani godettero di una relativa libertà religiosa. Considerati dhimmi, cioè “protetti”, erano tenuti a pagare forti tasse, ancora più gravose di quelle imposte dai bizantini, ma non erano forzati alla conversione all’islam. Con l’inizio dell’viii secolo iniziarono però le persecuzioni; la tassazione divenne sempre più pesante e riguardò anche i monaci e gli ecclesiastici fino ad allora esenti; per chi cercava di sottrarsi vi erano gravi punizioni che giungevano fino alla condanna a morte. I copti cominciarono a rifugiarsi nel deserto o a nascondersi nelle grandi città. I copti furono sottoposti a una serie di restrizioni, costretti a indossare abiti particolari che li distinguessero dai musulmani; le chiese cominciarono a essere distrutte e la libertà di culto fu limitata. Vi fu un periodo di pace sotto la dinastia dei Tulunidi (870-905) e sotto i primi decenni di quella dei Fatimidi che conquistarono l’Egitto nel 906, ma fu seguito dalla crudele repressione del califfo al-Hakim bi-amr Allah (996-1021) che ebbe quale risultato la conversione di molti copti all’islam. Sotto il sultano Salah al-Din (Saladino, 1171-1193) furono introdotte nuove misure anticristiane che limitavano fortemente la vita liturgica e i copti furono allontanati dalla pubblica amministrazione. Tali misure accelerarono il processo di islamizzazione del paese: per poter sopravvivere i copti erano di fatto costretti alla conversione all’islam.
Dal 1250 al 1517 l’Egitto fu governato dai mamelucchi; per i copti fu un’epoca tragica di continue vessazioni e persecuzioni.Per circa tre secoli, dal 1517 al 1798, l’Egitto fu dominato dai turchi. Fu una delle stagioni più tristi per la chiesa copta. Verso la fine di quest'epoca il papa di Roma, Benedetto XIV (1740-1758), pose le basi per la creazione di una chiesa copta cattolica creando una gerarchia fedele a Roma. Durante la breve parentesi rappresentata dall’occupazione napoleonica (1798-1801), i copti ottennero migliori condizioni di vita e libertà di culto. Tale condizioni di libertà religiosa migliorarono ulteriormente con l’avvento al potere di Muhammad ʻAli (1805-1849) e, con il decreto del 1856, con il quale il sultano di Costantinopoli aveva abolito il sistema della dhimma in tutto l’impero ottomano e concesso la libertà a tutti i sudditi cristiani, la chiesa copta conobbe una vera e propria rinascita. Il patriarca Cirillo IV "padre della riforma" (1854-1861) promosse una riforma culturale e liturgica importante, purtroppo interrotta dalla sua morte improvvisa. Il patriarca Cirillo VI (1959-1971), un eremita, inaugurò un tempo di rinnovamento per la chiesa attuando una serie di importanti riforme in vari campi, in particolare quello della formazione teologica dei presbiteri e del dialogo ecumenico. Sotto il suo patriarcato conobbe un grande risveglio anche il monachesimo: nel 1967 padre Matta el Meskin, suo discepolo spirituale, riformò la vita comunitaria nello storico Monastero di San Macario, attirando molto presto centinaia di giovani monaci.Con l’ascesa al potere di Nasser (1952-1970), a causa della sua politica discriminatoria nei confronti dei cristiani, i copti cominciarono a emigrare alla ricerca di condizioni di vita migliori. Il risveglio religioso islamico e la nuova costituzione promulgata da Sadat (1971-1981) che rese la shariʻa islamica "la fonte principale della legislazione" provocarono un clima di intolleranza che portò a stragi a sfondo religioso. Il patriarca Shenuda III, eletto il 31 marzo del 1971, considerato da Sadat un oppositore politico, fu confinato nel Monastero di Anba Pišoi nel Wadi el Natrun e al suo posto fu nominata una commissione di cinque vescovi con l’incarico di amministrare la chiesa. Anba Shenuda rientrò nelle sue funzioni il 2 gennaio 1985 sotto la presidenza di Mubarak (1981-2011).L’attuale papa della chiesa copta ortodossa, Tawadros II, è stato eletto il 4 novembre 2012.
Le violenze contro i cristiani in Egitto purtroppo continuano a essere all’ordine del giorno. L'ultima tragedia risale al 26 maggio 2017 quando un autobus di pellegrini cristiani pieno di bambini e diretto al Monastero di San Samuele è stato assaltato da alcuni terroristi. I morti sono stati almeno 28. Rito e lingua: La Chiesa copta ha una sua liturgia, detta copta o alessandrina, originariamente redatta in greco e poi tradotta in copto e in arabo. Nelle terre di emigrazione si prega anche nelle lingue locali. Attualmente le anafore eucaristiche impiegate sono tre: quella di Basilio per il tempo per annum e quelle di Cirillo d’Alessandria e di Gregorio di Nazianzo per le feste. L’anno liturgico, la cui datazione parte come abbiamo detto dal 284, segue l'antico calendario egiziano legato al calendario giuliano. Questo significa che oggi la chiesa egiziana celebra le feste della chiesa indivisa tredici giorni dopo rispetto al calendario occidentale. I periodi di digiuno (più di 200 giorni all'anno) e di astinenza dai cibi di origine animale sono quattro in preparazione delle grandi feste (Natale, Pasqua di Giona, Resurrezione, Apostoli, Assunzione della Vergine). Brevi notizie sulla situazione attuale: Tawadros II porta il titolo di papa di Alessandria e patriarca della predicazione di San Marco e risiede al Cairo. L’organizzazione ecclesiastica comprende 123 metropoliti e vescovi, titolari o non titolari di diocesi, che sono sparsi in tutto il territorio egiziano e nel mondo. L'ultima chiesa ad essere stata consacrata dalle mani di papa Tawadros II in persona si trova a Tokyo. Dei numerosissimi monasteri storici che sorsero a partire dal iv secolo sopravvive ancora un buon numero. Al Cairo vi sono quattro monasteri femminili. La chiesa ortodossa etiopica ha fatto parte della chiesa copta e per questo è stata chiamata in occidente "copta". Data l'autocefalia ottenuta nel 1959 sarebbe bene evitare questa denominazione ormai fuorviante. In Italia vi è attualmente una sede episcopale occupata da Anba Barnaba, titolare della diocesi di Torino e Roma, e una sede metropolitana vacante dopo la recente scomparsa del metropolita Anba Kyrolos (1995-2017) che copre le regioni settentrionali (escluso il Piemonte) e il canton Ticino in Svizzera. Dimensione ecumenica: Oltre che del Consiglio Ecumenico della Chiese che ha contribuito a fondare, la chiesa copta ortodossa è membro del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente e del Consiglio delle Chiese di tutta l’Africa. In occasione dell’incontro di Paolo VI con Shenuda III nel 1973 è stata firmata una dichiarazione cristologica comune che ha sancito l'inizio del dialogo tra le due chiese. Nel 1990 la chiesa copta ortodossa ha raggiunto un accordo cristologico anche con le chiese ortodosse. Papa Tawadros ha fatto visita a papa Francesco a Roma nel 2013 e papa Francesco ha restituito la visita apostolica, in uno storico incontro al Cairo, il 28 aprile 2017. Nel 2013, la chiesa copta ortodossa si è fatta promotrice della creazione del Consiglio delle chiese d'Egitto per un avvicinamento e una collaborazione più stretta tra tutti i cristiani egiziani che comprende, oltre alla chiesa ortodossa, la copta cattolica, la copta evangelica e la greca ortodossa. È attualmente presieduto da papa Tawadros II.
3. La Chiesa Ortodossa Greca
Nel 1054, Papa Leone IX di Roma e il patriarca Michele I di Costantinopoli si scomunicarono a vicenda. Questo atto ha portato al grande scisma d’Oriente e Occidente nella Chiesa, durato quasi mille anni.I cristiani che hanno seguito la leadership di Costantinopoli sono diventati noti come Chiesa Ortodossa Greca. La ragione è la lingua originaria impiegata nella liturgia, come spiega la Catholic Encyclopedia: “Le Chiese Ortodosse Greche sono Chiese separate da Roma e che seguono il rito bizantino, ovvero il rito sviluppato a Costantinopoli tra il IV e il X secolo. All’inizio, il greco era l’unica lingua di questo rito”.Col tempo, il rito bizantino è stato tradotto in varie lingue, come il russo e altre lingue slave. La Chiesa Ortodossa Greca è un’associazione di Chiese “autocefale”, ovvero che si autogovernano. La Chiesa particolare di Grecia ha il proprio arcivescovo, attualmente Girolamo II, arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia e primate della Chiesa ortodossa autocefala di Grecia.Crisostomo II è l’arcivescovo di Cipro. Entrambe le Chiese si autogovernano, anche se mantengono una certa libertà sotto la leadership spirituale del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I.
In occasione dell’incontro di Paolo VI con Shenuda III nel 1973 è stata firmata una dichiarazione cristologica comune che ha sancito l'inizio del dialogo tra le due chiese. Nel 1990 la chiesa copta ortodossa ha raggiunto un accordo cristologico anche con le chiese ortodosse. Papa Tawadros ha fatto visita a papa Francesco a Roma nel 2013 e papa Francesco ha restituito la visita apostolica, in uno storico incontro al Cairo, il 28 aprile 2017. Nel 2013, la chiesa copta ortodossa si è fatta promotrice della creazione del Consiglio delle chiese d'Egitto per un avvicinamento e una collaborazione più stretta tra tutti i cristiani egiziani che comprende, oltre alla chiesa ortodossa, la copta cattolica, la copta evangelica e la greca ortodossa. È attualmente presieduto da papa Tawadros II.
3. La Chiesa Ortodossa Greca
Nel 1054, Papa Leone IX di Roma e il patriarca Michele I di Costantinopoli si scomunicarono a vicenda. Questo atto ha portato al grande scisma d’Oriente e Occidente nella Chiesa, durato quasi mille anni.I cristiani che hanno seguito la leadership di Costantinopoli sono diventati noti come Chiesa Ortodossa Greca. La ragione è la lingua originaria impiegata nella liturgia, come spiega la Catholic Encyclopedia:“Le Chiese Ortodosse Greche sono Chiese separate da Roma e che seguono il rito bizantino, ovvero il rito sviluppato a Costantinopoli tra il IV e il X secolo. All’inizio, il greco era l’unica lingua di questo rito”.Col tempo, il rito bizantino è stato tradotto in varie lingue, come il russo e altre lingue slave. La Chiesa Ortodossa Greca è un’associazione di Chiese “autocefale”, ovvero che si autogovernano. La Chiesa particolare di Grecia ha il proprio arcivescovo, attualmente Girolamo II, arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia e primate della Chiesa ortodossa autocefala di Grecia.Crisostomo II è l’arcivescovo di Cipro. Entrambe le Chiese si autogovernano, anche se mantengono una certa libertà sotto la leadership spirituale del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I.