Nacque nel 274, a Naisso, da Costanzo Cloro (ma la cosa è controversa), con il nome di Flavio Valerio Aurelio Costantino, e fu educato a Nicomedia alla corte di Diocleziano, dove iniziò la carriera militare. Era di straordinaria statura e corporatura massiccia, non bello, con collo molto largo che gli guadagnò il soprannome di Trachala, con occhi sporgenti, fronte bassa e uno sguardo fisso piuttosto inquietante. Di natura coraggiosa e intelligente, ma pure ambiziosa, sanguinaria e crudele. Nonostante il copioso sangue versato nella sua stessa famiglia, fu fatto santo dalla Chiesa per averne difeso gli interessi.
Dapprincipio fu in Palestina combattendo contro i Sarmati, poi sul Danubio, quindi in Egitto. Intanto Diocleziano lo aveva nominato tribuno militare. Mentre il padre combatteva in Britannia Costantino era impegnato in Oriente con l'altro successore Galerio. Suo padre lo richiamò in Britannia per aiutarlo a sconfiggere i Pitti, ma Galerio rifiutò a Costantino di partire.
Alla fine Costantino ottenne il permesso di raggiungere il padre, ma sul percorso trovò agguati e trappole. Si narra che il viaggio di Costantino dall'Oriente fino a Boulogne in Francia, fosse tormentato dalla paura di essere assassinato, per cui cavalcò ininterrottamente senza dormire, cambiando continuamente i cavalli. Dopo varie peripezie, Costantino si ricongiunse con il padre Costanzo combattendo con lui i Pitti, ma nella battaglia suo padre perse la vita.
Ora secondo le leggi di Diocleziano a VALERIO SEVERO spettava il titolo di Augusto, ma prima che Galerio, come più anziano, lo potesse proclamare, le legioni di Britannia nominarono imperatore COSTANTINO per le ottime qualità militari mostrate durante la campagna contro i Pitti.
Per scongiurare la guerra civile, Galerio concesse a Costantino il titolo di Cesare nominando imperatore Valerio Severo, salvando così l'ordinamento di Diocleziano e accontentando i soldati in Britannia.
Da questa successione erano esclusi però i figli degli Augusti, per cui M. Valerio Massenzio, figlio di Massimiano, profittando del malcontento di Roma per la nuova imposta fondiaria, il 27 ottobre del 306 si fece proclamare imperatore.
La ribellione fu cruenta e vi perse la vita Abellio, il prefetto dell'Urbe, ucciso dai pretoriani, allora Valerio Severo, che si trovava in Pannonia, marciò su Roma per ristabilire l'ordine. Massenzio, che non aveva truppe sufficienti per muovergli contro, richiamò dalla Lucania il padre Massimiano che accettò l'invito tornando a Roma e reindossando la porpora imperiale.
Le legioni di Severo, che per la maggior parte avevano militato sotto Massimiano, passarono dalla parte del vecchio imperatore. Severo, abbandonato dai soldati, fuggì a Ravenna, ma, assediato si arrese a Massimiano che con false promesse lo imprigionò.
Dinastia costantiniana
Ora l'impero romano aveva tre Augusti e due Cesari, ma Galerio voleva che la costituzione dioclezianea fosse rispettata, e dall'Illirio si diresse a Ravenna per liberare Massimiano e abbattere i due usurpatori. Ma appena giunto in Italia le legioni gli si ribellarono, per cui dovette trattare con il vecchio Massimiano. Ma fu Massenzio figlio, che temeva l'ambizione del padre ed era certo del suo odio, sobillò contro il padre le guardie e il popolo e fece uccidere Valerio Severo (agosto del 307).
A questo punto Diocleziano, che da Solona assisteva con tristezza al crollo della sua opera, si recò a Carnuntum ad un convegno cui prese parte anche Massimiano.
Questi propose all'antico collega di riprendere la porpora, ma il vecchio imperatore rifiutò, dicendo fra l'altro: «Se tu vedessi i bei piselli che mi coltivo giudicheresti tu stesso se la porpora mi possa ancora allettare». Non solo rifiutò ma fece deporre la porpora pure a Massimiano, successore di Severo e fu scelto Licinio, amico e compagno di Galerio.
Ma poichè per ottenere la porpora imperiale si doveva essere Cesare, Massimino e Costantino, visti lesi i loro diritti, si proclamarono non più Cesari, ma anche loro Augusti.
Cosi, al principio del 308, l'impero aveva cinque Augusti: GALERIO, MASSENZIO, COSTANTINO, LICINIO e MASSIMINO.
Massimiano intanto si era pentito di avere deposto per la seconda volta la porpora e, non potendo avere l'appoggio del figlio, si rivolse a Costantino, cui diede in moglie la figlia Fausta Massimiana, per abbattere a Roma suo figlio Massenzio. Il colpo andò a vuoto incontrando l'ostilità dei pretoriani, per cui fuggì e cercò ospitalità presso la corte di Costantino.
I Franchi intanto invasero la Gallia dal Medio Reno, e Costantino dovette marciare in guerra alla testa di un gruppo di legioni. Approfittando dell'assenza del genero, Massimiano s'impadronì della cassa dello stato, di cui divise il denaro fra le milizie della Gallia meridionale, e si proclamò imperatore ad Arles. Come seppe però del ritorno di Costantino, si rifugiò a Marsiglia. La guarnigione della città, aprì le porte a Costantino e gli consegnò il suocero che fu messo a morte nel 310.
Un anno dopo, nel 311, a Cirta, in Africa, moriva un altro usurpatore: Lucio Domizio Alessandro che, ribellatosi a Massenzio, da due anni si era proclamato imperatore.
Sempre nel 311 a Nicomedia, anche a nome di Costantino e di Licinio, pur essendo contrari Massimino e Massenzio, Galerio emanò un editto con cui concesse ai Cristiani la libertà di culto e la riedificazione delle chiese.
Subito dopo l'editto Galerio morì, lasciando Massimino che avrebbe dovuto essere l'erede legittimo di Galerio, e Licinio che desiderava aggiungere al suo dominio della penisola balcanica, l'Asia Minore e il Ponto. Ma tra i due Augusti si venne ad un accordo: a Massimino rimasero le province d'Asia e l'Egitto, e a Licinio la penisola balcanica. In Occidente invece l'accordo era più difficile, perchè Massenzio era filopagano e ambiva al potere sulle province di Licinio e Costantino, ma pur avendo numerose truppe, non godeva il favore nè del popolo né del Senato.
Costantino, pur rimanendo devoto ad Elios, Dio Sole, rispettava sia i pagani che i cristiani, in più era in segreti rapporti coi senatori e trattò con Licinio promettendogli in moglie la sorella Costanza. Costantino non disponeva di un esercito numeroso come quello di Massenzio, ma in compenso le sue truppe erano disciplinate e molto devote a colui che li aveva fatti vincere contro i Pitti in Britannia o contro i Franchi e gli Alemanni oltre il Reno.
Costantino, lasciata a guardia del Reno e della britannia parte delle truppe, con un esercito di 50000 uomini, per lo più veterani, nel 312 traversò le Alpi e scese in Italia. Susa provò a ribellarsi ma fu presa e data alle fiamme. Costantino però, che era lungimirante, come atto di clemenza ordinò ai suoi soldati di spegnere il fuoco salvando la città.
Poi marciò su Torino contro Massenzio di cui sbaragliò la cavalleria prima e la fanteria dopo. Massenzio fuggì dentro le mura delle città, ma questa aprì le porte a Costantino che fece uno sterminio totale di tutti i nemici, senza fare prigionieri e passandoli tutti a fil di spada. Occupò poi tutta la Transpadana e Milano lo accolse trionfalmente.
L'esercito di Massenzio, comandato ora da Ruricio Pompeiano, sconfitto da Costantino, fuggì per schierarsi sull'Adige, ma Costantino con una rapidissima marcia passò il fiume a monte di Verona ed investì da nord la città, dove il nemico si era ritirato. Ruricio uscì segretamente da Verona e raccolse un nuovo esercito, ma di nuovo fu sconfitto e cadde. Verona si arrese insieme a Modena ed Aquileia.
Costantino, imboccata la via Flaminia, mosse contro Roma. Secondo la tradizione cattolica di Eusebio, prima di giungere all'Urbe, gli sarebbe apparsa una croce sfolgorante di luce con il motto "In hoc signo vinces" e l'imperatore fece mettere sui labari e gli scudi il monogramma di Cristo. Così il Cristo che aveva predicato l'amore per il nemico e la fratellanza tra gli uomini divenne portatore e sponsorizzatore di guerre in suo nome.
A Roma intanto il popolo, temendo di dover subire un assedio, spinse il figlio di Massimiano ad uscire incontro a Costantino. Massenzio obbedì e passato il Tevere a ponte Milvio, schierò il suo esercito tra la riva destra del fiume e alcune basse colline.
Solo la guardia dei pretoriani dette filo da torcere a Costantino, le altre truppe, specie la cavalleria, caddero al primo urto. Alla disfatta seguì la fuga su un ponte di legno che crollò trascinando i soldati nel fiume: fra questi Massenzio che morì affogato.
Così Costantino vinse nella celebre battaglia di Ponte Milvio, presso i Saxa Rubra sulla via Flaminia, il 28 ottobre 312 d.c.
Nel 313 Licinio, uno degli augusti rimasti, emanò, d'accordo con Costantino "l'editto di Milano" con cui veniva riconosciuta anche in Oriente la libertà di culto religioso, ponendo ufficialmente fine alle persecuzioni contro i cristiani. Licinio, poi, sposò la sorella di Costantino, Costanza.
Costantino entrò a Roma trionfalmente facendo il solito eccidio. Fece uccidere un figlio di Massenzio e alcuni ministri, poi sciolse i pretoriani e fece distruggere il loro castro fuori porta Nomentana. Il Senato lo nominò primo degli Augusti, poi gli dedicò statue e un arco di trionfo rivestito di bassorilievi come quello di Traiano.
Nel 319 d.c. Costantino emise la condanna a morte per tutti gli indovini e coloro che li consultavano. Perchè? Perchè qualcuno avrebbe potuto svelare le sue trame e i suoi inganni, nessuno credeva alla divinazione più di lui, se non ci avesse creduto avrebbe lasciato vivere gli indovini, tanto poi la gente si sarebbe accorta che gli indovini sbagliavano le previsioni e se ci rimettevano soldi peggio per loro.
Nel 326 poi fece uccidere Crispo, figlio suo e della prima moglie Minervina. Le "voci" dicono che Crispo avesse avuto una relazione con la seconda moglie del padre, Fausta e che questa l'avesse, poi accusato di averla molestata, provocando l'intervento dell'imperatore. Lo sfortunato giovane fu poi colpito dalla damnatio memoriae. Nemmeno Fausta, però, godette di un trattamento più benevolo perchè venne affogata nell'acqua bollente del bagno. Nonostante questi atroci delitti: lo sterminio a Torino, l'assassinio di suo figlio e pure di sua moglie, la Chiesa lo proclamò santo, e lo è tutt'oggi. Per giunta Costantino, a cui non era simpatica la Madonna, proibì con editto ufficiale il culto mariano.
In compenso numerosi miliari, dedicati in Cisalpina a Costantino, lo qualificavano "domino nostro, humanarum rerum optimo principi, bono rei publicae nato".
Ora non restava che Licinio a limitare il potere di Costantino. Lo chiamò quindi a a Milano nel 311 e fece celebrare il matrimonio tra Costanza e Licinio. Quindi i due Augusti pubblicarono l'Editto di Milano, riconfermando il precedente e in più si restituivano ai cristiani i beni confiscati.
L'editto di Milano venne spedito a Massimino che apparentemente aderì ma segretamente preparò la guerra contro Licinio. Nel 312 infatti passò il Bosforo, assalì e vinse Bisanzio, Eraclea e Perinto, quindi marciò verso Adrianopoli. Licinio, con un esercito inferiore, cercò di trattare ma la battaglia fu inevitabile, e nel 313 si venne a battaglia nei Campi Sereni, dove Licinio vinse, mentre Massimino fuggì in Cappadocia, dove morì poco dopo a Traso misteriosamente.
Licinio fece uccidere la moglie di Massimino, i due figlioletti e i ministri; poi fece uccidere il figlio di Galerio e il figlio di Valerio Severo, nonchè la moglie e la figlia di Diocleziano che inutilmente chiese la grazia per moglie e figlia.
Caio Licinio aveva un potente esercito illirico, e per il rifiuto di consegnargli un congiurato scoppiò la guerra e Costantino invase l'Illirico. Il suo esercito era più piccolo ma con esperti soldati, e in più Costantino era un valentissimo generale, come mostrò subito vincendo a Cibale, in Pannonia, e sulla Sava, nel 314, e presso Adrianopoli, nella pianura di Mardia.
Costantino accettò la pace ottenendo in cambio il Norico, la Dalmazia, la Pannonia, parte della Mesia, la Macedonia, la Dacia l'Epiro e la Grecia. Licinio conservò il resto della Mesia, la Scizia e la Tracia e sacrificò Caio Aurelio Valente che durante la guerra aveva nominato Cesare.Al suo posto Costantino nominò Cesare suo figlio Crispo, avuto da Minervina, e l'altro figlio Flavio Claudio Costantino, mentre Licinio creò Cesare il figlio Liciniano.
Pareva che la tetrarchia dioclezianea fosse stata restaurata, ma il clero cristiano acquisì molti privilegi, tra cui l'esenzione delle tasse. Ma i cristiani non erano d'accordo tra loro, soprattutto nella provincia africana, che chiedeva l'esclusione dalla chiesa dei "Lapsi", quelli che per evitare le persecuzioni avevano abiurato alla fede cristiana, consegnando i libri e gli arredi sacri. Cominciò così una disputa tra i seguaci del Vescovo Ceciliano e quelli di Donato, lo scisma del Donatismo.
Pur proclamandosi tutti fratelli i cristiani cominciarono a litigare tra loro. Costantino nominò allora una commissione di tre vescovi delle Gallie, da Merocle vescovo di Milano e da Milziade vescovo di Roma. Il concilio fu favorevole a Ceciliano, ma i Donatisti si appellarono al tribunale imperiale.
Costantino allora nel 314 convocò ad Arles un nuovo concilio di vescovi, che confermò il precedente convegno. Poichè i dissidi non cessarono l'imperatore si pronunciò a favore di Ceciliano, ordinando che le chiese dei Donatisti venissero sequestrate con esilio e confisca dei beni ai Donatisti. Ma le discordie non cessarono.
Intanto Costantino, pur rimanendo pontefice massimo del paganesimo, comprese che il potere massimo consisteva nell'unire quello politico con quello religioso.I Cristiani d'Oriente erano tutti per Costantino, anche perchè finanziava largamente il culto, pur non convertendosi mai al cristianesimo.
Nel 323, per contrastare i Goti che avevano passato il Danubio, Costantino oltrepassò i territori balcanici e fu guerra. Licinio con un esercito più numeroso si pose sopra una collina sull'Ebro, presso Adrianopoli. Costantino passò il fiume e lo sconfisse. Licinio si ritirò a Bisanzio e qui fu assediato, mentre Abante il suo ammiraglio, affrontò a Gallipoli la flotta di Prisco subendo la sconfitta. Licinio fuggì da Bisanzio e raggiunse Abante, ma Costantino passò il Bosforo e lo affrontò di nuovo a Crisopoli vincendolo. Licinio quando seppe che Bisanzio e Calcedonia si erano arrese, si arrese anch'egli e sua moglie Costanza, sorella di Costantino, ottenne che gli venisse risparmiata la vita, Costantino acconsentì relegando Licinio a Tessalonica.
Però Costantino non era propenso a mantenere le promesse, per cui, sei mesi dopo fece uccidere Licinio e giacchè c'era anche il generale Martiniano, creato Cesare durante la guerra, divenendo così padrone di tutto l'impero romano.
Intanto i cristiani litigavano sui dogmi religiosi: Ario sosteneva che solo il Dio Padre era increato, mentre il Figlio non era della sua sostanza divina e quindi mortale. Alessandro, vescovo di Alessandria, l'aveva giudicato eretico e scomunicato nel 321, ma l'Arianesimo in Oriente si era largamente diffuso.
L'imperatore indisse allora il Concilio dei vescovi a Nicea, presieduto dal vescovo spagnolo Osio, segretario dell'imperatore. Il concilio proclamò l'uguaglianza di natura del Padre col Figlio, ma l'Arianesimo rimase.
Nel 326 Costantino oltre ad aver compiuto la strage familiare, aveva mandato a morte molti importanti cittadini fra cui Lattanzio, il famoso apologista del Cristianesimo e Liciniano, figlio di Costanza e Licinio. Così la domus Faustae, che era appartenuta alla famiglia di Fausta, i Laterani, fu da Costantino donata al vescovo di Roma e la capitale fu trasferita a Bisanzio, che festeggiò il passaggio nel 330 col nome di Nuova Roma, chiamata però Costantinopoli. Ma il documento di donazione si è appurato poi che è falso, quindi il Laterano non fu mai donato, fu preso e basta.
Come Roma, Costantinopoli, che sorgeva su 7 colli, fu divisa in 14 regioni, ebbe un Campidoglio, un Palatino, la Curia, il miliare aureo, il Foro, la via Sacra, circhi e teatri, il diritto italico e le distribuzioni gratuite di grano, vino ed olio che, con le facilitazioni concesse agli immigranti, affollarono la città.
La questione del cristianesimo non fu come descritta. Sembra che l'imperatore chiamasse a se i suoi ministri per stabilire una religione unica che rafforzasse lo stato. All'epoca le due più importanti religioni, più o meno equivalenti per numero di adepti, erano il Cristianesimo e il Mitraismo.
A causa dei riti misterici di quest'ultimo, i ministri decisero che era meno adatto alla divulgazione totale, per cui fu scelto il Cristianesimo, e Costantino che pure era devoto a Mitra, il Dio Sole che aveva assimilato Elios, ne convenne e appoggiò il Cristianesimo, non per fede come si racconta, ma per ragioni di stato.
Inoltre Costantino, che aveva fino allora favorito la chiesa cattolica contro Donatisti e Ariani, cercò di conciliarli ma Atanasio, vescovo di Alessandria, fu così ostile da far schierare Costantino dalla parte ariana, che a sua volta nel concilio di Tiro (335) fece condannare Atanasio.
Così in oriente si stabilì la Chiesa Greca, fra cui la Ortodossa, l'Abissinia, la Nestoriana, la Siriaca, l'Armena e la Copta, Chiese che si proclamarono poi tutte "Chiese ortodosse". A causa delle cavillose dispute, ma in realtà per brama di potere, fra quella Cattolica e la Ortodossa ci saranno 5 grandi correnti e ben 52 Chiese.
Shapur II aveva tolto dal trono dell'Armenia Tiridate, che nel 332 aveva abbracciato il Cristianesimo, ma Costantino invece di aiutare Tiridate, aveva dato l'Armenia al fratello di Dalmazio, Annibaliano, che era stato creato Re dei Re.
Costantino, pur non essendo vecchio, era ammalato e si era recato per curarsi a Drepano in Asia Minore. Cercò di tornare a Costantinopoli ma il 22 maggio morì ad Ancirona, presso Nicomedia.