Nato da genitori ebrei di rigida osservanza, Paolo prese il nome dall'antico re ebreo Saul, latinizzato in Saulo, e venne allevato secondo l'interpretazione farisaica della Legge. Come giovane ebreo della diaspora, Saul assunse il nome latino Paolo, che era foneticamente simile al suo nome ebraico.
Studiò sicuramente la retorica greco-ellenistica, ma la sua cultura era frutto di un'educazione impartitagli probabilmente a Gerusalemme dal famoso maestro Gamaliele il Vecchio, e mirata a fare di lui un rabbino. Eccellente studente di diritto (Vedi Galati 1:14; Filippesi 3:6), Paolo perseguitò accanitamente la nascente Chiesa cristiana, che vedeva come una setta ebraica infedele alla Legge (Galati 1:13); dagli Atti risulta che presenziò alla lapidazione di santo Stefano, primo martire cristiano, e l'approvò.
Paolo divenne cristiano dopo aver avuto una visione di Cristo durante un viaggio da Gerusalemme a Damasco (Vedi Atti 9:1-19, 22:5-16, 26:12-18). Non definì mai l'episodio una "conversione" da una fede religiosa a un'altra; la rivelazione di Cristo segnò piuttosto la fine di ogni religione e si configurò come un unico e inscindibile evento, una chiamata di Dio a essere cristiano e a evangelizzare i pagani. Egli ammetteva la legittimità della missione di Pietro presso gli ebrei, ma era convinto che la cristianità rappresentasse la chiamata di Dio al mondo intero, e che tale chiamata fosse completamente estranea all'ortodossia della Legge ebraica.
Secondo il noto resoconto riportato negli Atti degli Apostoli, Paolo eseguì tre viaggi apostolici (vedi cartina). Pur non comprendendo interamente le ragioni di tale sforzo, gli studiosi ritengono che buona parte degli itinerari missionari di Paolo, delle sue preoccupazioni pastorali e della raccolta di offerte in denaro tra le comunità cristiane da lui fondate fossero finalizzate all'unione delle chiese della sua missione presso i pagani con quelle degli ebrei cristiani in Palestina.
Dagli Atti apprendiamo che Paolo venne arrestato a Gerusalemme in seguito ad alcuni scontri provocati dai suoi oppositori ebrei, e che venne poi trasportato a Roma; negli Atti Paolo accenna anche all'eventualità della propria morte (vedi Atti 20:24 e 20:38). È probabile che sia stato giustiziato a Roma attorno al 62 d.C.
Il Nuovo Testamento contiene tredici lettere che recano la firma di Paolo, sette delle quali furono certamente scritte di suo pugno: ai Tessalonicesi, ai Galati, due ai Corinzi, ai Romani, ai Filippesi e a Filemone. Proprio tali lettere costituiscono la principale fonte di informazioni sulla sua vita, ed è a queste che la maggior parte degli studiosi si rivolge, consultando gli Atti degli Apostoli come una fonte supplementare.
Teologia
È quasi impossibile riassumere il pensiero di Paolo, se si considera il fatto che ogni lettera è stata scritta a una Chiesa in particolare e che Paolo avvertiva la necessità di adattare i propri insegnamenti ai problemi specifici di quella comunità per emendarne gli eventuali errori. Persino la lettera ai Romani, l'epistola più completa, non fornisce un'esposizione esaustiva della sua teologia, anche se alcune tematiche e idee vengono ribadite con una frequenza tale da poter essere considerate l'essenza del suo pensiero.
Paolo adotta lo schema temporale che sta alla base della speculazione apocalittica ebraica e che prevedeva due ere: l'Era Antica, dominata da Satana e dai suoi eserciti, e la Nuova Era, che Dio inaugurerà nel futuro. Secondo Paolo con l'invio di Cristo, tuttavia, Dio aveva già dato inizio alla Nuova Era; l'evento però non aveva ancora cancellato del tutto l'Era Antica e i suoi poteri di peccato e di morte contrastavano strenuamente il cambiamento. Con la croce, simbolo del sacrificio di Cristo, Dio aveva inferto un colpo decisivo per la libertà dell'uomo, benché apparentemente proprio con quel tragico evento il potere dell'Era Antica sembrasse avere guadagnato una tremenda vittoria. Paolo imputava la crocifissione ai "dominatori del mondo", espressione riferita sia alle autorità politiche sia ai poteri demoniaci che ispiravano l'operato di quelle (Corinzi 1 2:8). Per i "dominatori", tuttavia, non era certo stata una vittoria, perché crocifiggendo il "Signore della gloria" avevano firmato la propria condanna (Corinzi 1 2:6).
Così, secondo Paolo, la croce, vista nella sua vera luce, rivela lo strano potere di Dio, un potere che diviene perfetto nella debolezza. Dio affermò il suo potere resuscitando Cristo, inviando lo Spirito Santo e ponendo la Chiesa a fondamento della Nuova Era.
L'interpretazione paolina della Legge è complessa. Egli sosteneva che la Legge è sacra e giusta; dopo aver abbracciato il cristianesimo, tuttavia, non la credeva più abbastanza forte da eliminare il peccato e la morte (Romani 8:3), ma anzi, se messa al servizio del male, può divenire essa stessa strumento di peccato e di morte (Galati 3:23-25).
La visione dell'uomo:
Nulla è più fraintendibile nel pensiero paolino della dottrina della "carne" e dello "spirito", termini che non designano semplicemente parti costituenti l'essere umano, ma ambiti di potere in conflitto, essendo il regno della carne, regno umano per eccellenza, soggetto al potere del peccato. La soluzione al male non risiede dunque in un codice etico, ma nel dono divino dello Spirito Santo, trionfante nella vita della nuova comunità nel frutto dell'amore, della gioia e della pace.
Paolo sosteneva di non aver deciso di convertirsi dall'ebraismo al cristianesimo, ma di essere stato "chiamato" da Dio. Dio ha chiamato l'uomo nella comunità cristiana mediante lo Spirito Santo e continua a farlo donando la grazia. Paolo dichiara la natura radicale del potere di Dio insistendo sul fatto che, con la morte di Cristo, Dio ha redento l'empietà (Romani 4:5). All'uomo non sono richieste opere di bene affinché Dio possa redimerlo: è Dio ad aver agito per primo; dunque Paolo vede ogni cosa dipendere non dalla volontà o dall'impegno dell'individuo, ma dalla pietà di Dio (Romani 9:16).
Era opinione comune che il pensiero paolino fosse stato oscurato da altre teologie e riscoperto parzialmente da sant'Agostino nel V secolo e poi da Martin Lutero nel XVI secolo. Questa opinione si è modificata nel tempo: tra la fine del I e l'inizio del II secolo molte comunità hanno conservato le lettere di Paolo impegnandosi ad applicare alcuni aspetti del suo pensiero alle nuove situazioni storiche; è tuttavia vero che per trovare un'analisi approfondita della teologia di Paolo occorre attendere proprio le opere di Agostino e Lutero. Nel XX secolo, le opere dei teologi tedeschi Karl Barth ed Ernst Käsemann hanno ravvivato l'interesse per la teologia di Paolo.