Il Romanticismo musicale si affermò in Germania alla fine degli anni Venti del XIX secolo, dopo le prime espressioni in campo letterario. Il Romanticismo fu un movimento culturale che esaltava il sentimento, la fantasia, l’istinto, contrapponendosi alla razionalità ordinata che caratterizzava il Classicismo settecentesco. I romantici credevano nella libera espressione della creatività, nella ricerca della propria identità e nel valore della storia. La musica aveva, secondo i romantici, il potere di evocare sensazioni e ricordi, di esprimere aspirazioni e sogni, di comunicare la vera essenza dell’uomo e della natura.
L’infinito per il movimento romantico era un ideale, il superamento del limite posto dalla ragione, da cui derivava l’esaltazione dell’intuizione estetica e del sentimento tipica del genio. Nell’Ottocento si diffuse il recital l’esibizione cioè di un interprete solista, un virtuoso dello strumento: il virtuosismo non era solo uno sfoggio di capacità, ma un modo di superare il proprio limite.
Nella visione romantica la natura viene letta come l’espressione del divino in terra, di cui l’uomo non è che una fragile manifestazione. La natura con la sua bellezza provoca nell’uomo sentimenti contrastanti, in grado di terrorizzarlo quanto di rasserenarlo. Il catastrofismo, in particolare, suscita nell’animo umano un senso di inquietudine misto a orrore, ma se l’uomo riesce a cogliere in tutto ciò una qualche forma di bellezza, si realizza il concetto di sublime, nel senso di magnifico ed eccelso.
La musica strumentale, in particolare, era considerata pura, perché capace di “esprimere l’inesprimibile”, cioè quello che con le parole non si riusciva a spiegare e il mondo tedesco ne fu il centro creativo (mentre Francia e Italia videro il dominio dell’opera lirica). L’idea di genio romantico e il concetto di virtuosismo strumentale si riassumono in modo esemplare in alcuni grandi musicisti dell’epoca. Tra questi emergono varie figure:
Niccolò Paganini fu un virtuoso del violino, le cui esibizioni scatenavano fanatismo, alimentato dai suoi eccentrici atteggiamenti, come indossare strani occhiali o imitare i versi degli animali con il violino.
Franz Liszt, ungherese, fu invece un virtuoso del pianoforte, da piccolo fu un bambino prodigio e da adulto fu un musicista affermato, acclamato a Parigi e Londra. Fu l’inventore della musica a programma: un’opera musicale si ispirava ad un’opera letteraria, tra gli ascoltatori veniva distribuito un testo, un programma appunto; qui l’artista spiegava la sua idea ispiratrice e il testo aiutava il pubblico nell’ascolto.
Fryderyk Chopin, polacco e francese di adozione (visse a Parigi quasi tutta la sua vita), “poeta del pianoforte”, nei suoi pezzi brevi si esprime con un’intensità di emozioni e sentimenti che prendono forma nelle melodie del pianoforte.