La storia dell’origine delle note e dei nomi che usiamo oggi per cantare la scala musicale risale ormai ad un millennio fa. Nel secolo XI, infatti, il monaco Benedettino Guido d’Arezzo, che insegnava musica, scrisse un trattato sull’argomento, che divenne molto popolare. Il risultato più importante fu la creazione di un metodo, utile affinché i coristi potessero memorizzare velocemente e facilmente le note della scala. Il metodo si basava sulle parole dell’inno “Ut queant laxis”, dedicato a San Giovanni Battista: ciascuna frase dell’inno iniziava dalla nota successiva della scala musicale, così il monaco prese la prima sillaba di ciascuna frase e la associò al suono corrispondente nella musica, dando il nome al quella nota. Questo creò la sequenza UT RE MI FA SOL LA. Ut venne poi cambiato in DO e SI fu aggiunto successivamente.
Ecco l’inno scritto in notazione gregoriana sul tetragramma, cioè il rigo musicale con quattro linee e tre spazi utilizzato da Guido d’Arezzo.
Qui il video con la trascrizione della partitura in notazione moderna e l’esecuzione dell’inno.