I nuovi linguaggi musicali dopo la tonalità, ultimo codice socialmente condiviso.
Nell’ambito della musica colta occidentale, a partire dall’inizio del Novecento si creò, per la prima volta, un contrasto fra compositori e fruitori della loro musica (pubblico). In riferimento a questo periodo storico, si parla di crisi della tonalità – ultimo codice socialmente partecipato – e si assiste alla conseguente adozione di codici non tonali, privi di condivisione sociale che generarono perciò un inevitabile allontanamento della comunità dei “consumatori” da quella dei compositori. L’inizio del ‘900 in musica fu quindi caratterizzato dalla sperimentazione di nuovi modi di comporre musica. Si cominciò a rifiutare la tradizione andando alla ricerca di nuovi linguaggi. Queste nuove idee espressive vengono indicate sotto il nome di “avanguardie musicali”. Le nuove sonorità sostituirono le musiche del passato con atmosfere angoscianti e cupe, con nuove musiche che riflettevano per lo più problematiche attuali. I compositori abbandonarono il sistema tonale iniziando così a dar vita ad opere che verranno in seguito definite atonali. A quei tempi risultavano “strane” e la gente le considerava delle provocazioni artistiche alla musica tradizionale.
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento furono tre le scuole che contribuirono di più allo stravolgimento degli ormai vecchi modi di composizione: quella parigina (Debussy), quella viennese (Arnold Schönberg) e quella dell’Europa orientale (Bartok, Scrjabin).
Claude Debussy – Claire de lune (1890)
Arnold Schoenberg – Suite per piano op.25 part III (1923)
Bèla Bartok – Danze romene (1926)