Con l’ordinanza ministeriale 172 del 4 dicembre 2020, dedicata alla “Valutazione periodica e finale degli apprendimenti delle alunne e degli alunni delle classi della scuola primaria” si indica la necessità, con decorrenza immediata, e dunque a partire dalla valutazione intermedia dell’anno scolastico in corso, di formulare e riportare nel documento di valutazione un “giudizio descrittivo […], nella prospettiva formativa della valutazione e della valorizzazione del miglioramento degli apprendimenti”. La formulazione dei giudizi descrittivi è affidata alle scuole perché questi siano coerenti agli obiettivi di apprendimento esplicitati nel curricolo d’istituto e pertanto contestualizzati rispetto all’intero processo formativo proposto. Riflettiamo su questo tema con la docente e formatrice Sonia Sorgato, che ha fatto parte del gruppo di lavoro del MIUR per la realizzazione delle Linee Guida sulla Formulazione dei giudizi descrittivi nella scuola primaria.Cara Sonia, è con grande piacere che rifletto con te e ti pongo alcune domande su un tema così importante e delicato qual è la valutazione. Stiamo assistendo a un cambio epocale, a un cambio di “sguardo” sul processo valutativo, foriero di trasformazioni di enorme impatto nella scuola o si tratta semplicemente di una trasposizione dei voti numerici in formulazioni verbali?
Se – come mi aspetto – la risposta è che si tratta di un cambiamento di sguardo, come è possibile acquisirlo nell’immediato? Da dove cominciare?Ciao Laura, sì, si tratta di un’inversione di rotta, di un cambiamento di sguardo della cultura valutativa che è già legge, dunque in vigore. Da un lato la legge valorizza ciò che fortunatamente è già in atto in diverse scuole da tempo, e che non poteva emergere dai documenti valutativi ufficiali. In molte realtà la pratica di una valutazione formativa è già presente da anni. Ora si portano alla luce gli aspetti qualitativi della valutazione, nell’ottica di valorizzare i processi di apprendimento e mettere al centro i bambini, includendo addirittura le pratiche di autovalutazione all’interno della documentazione ufficiale. In questo modo la valutazione diventa davvero un atto restitutivo ricco, articolato e personalizzato.
Dall’altro lato, invece, per chi è all’inizio del cammino rispetto a un processo valutativo formativo c’è molto da fare, si tratta di un cambio culturale che implica sicuramente grande fatica. Si tratta di un cambiamento che necessariamente implicherà tempo e gradualità. Ci si interroga sull’uniformità delle valutazioni, sulla loro equiparabilità, ma chiediamoci anche se fino a ieri invece il voto ci garantisse tutto questo. Per certi versi l’emergere delle differenze ci consentirà di riflettere e ripartire da progettazioni didattiche condivise.
Il nuovo dispositivo valutativo pone tutta una serie di questioni che non arrivano solo “alla fine” del percorso ma mettono in gioco un ripensamento e un’attenzione su tutto il percorso, fin dalla sua progettazione. Molti docenti attendevano questo momento da tempo e consideravano il voto numerico un grande errore, un errore che strideva in modo evidente con le Indicazioni Nazionali e persistente da lungo tempo. Per altri docenti invece questo cambiamento può rappresentare una fatica.La valutazione formativa si pone nell’ottica della ricchezza e dell’articolazione, come se da una fotografia, per sua natura statica, passassimo al filmato, in grado di fornire informazioni più dinamiche su ciò che è avvenuto e ciò che potrà accadere. Quali evidenze, quali strumenti sono adeguati per un processo valutativo così ambizioso, perché non corra il rischio di essere una valutazione “a sentimento”, ma abbia davvero carattere di massima aderenza al percorso di ciascun bambino?Sicuramente l’osservazione è il primo strumento, accompagnata da altri strumenti di tipo qualitativo. In prima battuta non utilizzerei strumenti quantitativi, perché se utilizziamo strumenti troppo strutturati lavoriamo secondo criteri immessi dall’esterno… L’osservazione carta-matita è sempre estremamente utile, così come l’audioregistrazione e poi la trascrizione di conversazioni collettive. Da queste l’insegnante può ricavare ricchissime informazioni sia rispetto ai bambini e ai processi che mettono in atto, sia rispetto ai propri interventi all’interno del lavoro didattico. Questa documentazione può servire anche per un’analisi del proprio intervento e diventa uno strumento di autoformazione, soprattutto se viene condivisa. Può essere una pratica impegnativa, ma offre all’intero team dei docenti prospettive multiple e sguardi più ampi su ciascun bambino.La condivisione degli strumenti di rilevazione e l’analisi reciproca dei contenuti osservati/emersi è forse un aspetto che ancora mette in difficoltà molti docenti, che spesso lavorano singolarmente in modo molto accurato ma faticano a trovare tempi, spazi e sintonie per svolgere questo lavoro collaborativamente.Lo è, ma se si riconosce che le conversazioni collettive, per esempio, sono documenti preziosi per ricostruire come ragionano i bambini e come si relazionano agli apprendimenti e ai compagni, si possono senz’altro trovare momenti regolari per condividerle e a partire da queste progettare nuove proposte, coerenti con i processi in corso.Una delle esigenze sentite come prioritarie in questo momento dalle scuole è quella di formulare i descrittori che compariranno nei documenti valutativi: a conclusione di questo primo quadrimestre molte scuole hanno optato per una trasposizione “in parole” rapida e transitoria, ma come lavorare, da qui in avanti, per elaborare dei giudizi che siano davvero funzionali al cambio culturale che il MIUR sta promuovendo, e non solo un “rivestimento” di vecchie scale classificatorie?Purtroppo nell’“urgenza trasformativa” si sono viste tabelle traspositive che equiparano voti ai livelli presenti nel decreto. Questo passaggio non solo non può essere così automatico ma non ha proprio ragione di esistere. I voti sono riferiti alle discipline, i livelli invece agli obiettivi di apprendimento (un alunno potrebbe essere a livello intermedio per un obiettivo di lingua italiana ma avanzato rispetto a un altro della stessa disciplina, per esempio). Questi tentativi semplificativi non aiutano, pertanto forse è più utile porsi nell’ottica della gradualità. Il ministero stesso non chiede a tutti di arrivare nell’immediato alla formulazione dell’esempio 3 delle Linee Guida, dove il profilo è narrativo e articolato. Si tratta di lavorare collegialmente all’elaborazione di descrittori coerenti con gli obiettivi di apprendimento stabiliti nei propri curricoli d’istituto. Modelli ed esempi “prefabbricati” in questo momento non aiutano.Nelle Linee Guida che il gruppo di lavoro di cui fai parte ha elaborato, si menziona anche l’autovalutazione. Perché l’autovalutazione entri davvero a far parte integrante del dispositivo valutativo bisogna però che i bambini imparino ad autovalutarsi… anche questo non è un passo immediato, mi pare.Autovalutarsi è un processo cognitivo molto complesso e non possiamo pretendere che i bambini sappiano metterlo in atto subito, senza fornire loro gli strumenti adatti. L’autovalutazione è LO strumento per arrivare all’autoregolazione degli apprendimenti, come dice Charles Hadij, uno strumento che aiuta i bambini a imparare ad apprendere da soli, che poi dovrebbe essere il nostro scopo ultimo. Ci sono diversi step per permettere agli alunni di arrivare all’autoregolazione autonoma. Per iniziare un percorso in questo senso con i bambini si può per esempio stimolarli all’autosservazione, ponendo delle domande, o proporre loro l’autocorrezione e correzione reciproca tra pari. Nella pedagogia di Freinet si citano numerosi strumenti che aiutano i bambini ad autovalutarsi nel corso del proprio processo di apprendimento, uno tra questi la revisione collettiva dei testi tra compagni, che Freinet definisce “la messa a punto”. Ogni bambino impara dai pari strategie e modalità di lavoro vicine al proprio modo di lavorare ma più efficaci. Un’altra strategia molto utile, da parte del docente, è fornire un feedback regolare e puntuale. Questo favorisce nei bambini una sempre maggiore consapevolezza dei propri punti di forza e delle proprie criticità.
Un altro elemento di valore, da porre a inizio lavori e non alla fine, è il coinvolgimento dei bambini nella progettazione del percorso didattico: se gli alunni stessi sono messi a parte degli obiettivi, delle strategie che si intendono stimolare, delle conoscenze da acquisire, sapranno poi valutare più facilmente se stanno procedendo in modo adeguato alle aspettative iniziali o devono modificare / migliorare alcuni aspetti del loro lavoro.Con l’ordinanza ministeriale sulla valutazione stiamo finalmente procedendo in linea con la didattica per competenze auspicata dalle Indicazioni Nazionali, che poi viene esplicitata nella scheda di Certificazione delle Competenze a fine quinquennio?Certamente la nuova formulazione dei giudizi dovrà fare un’attenta selezione degli obiettivi di apprendimento, a partire dal curricolo di Istituto, coniugando obiettivi più relativi alla sfera delle conoscenze e delle abilità specifiche disciplinari ad altri di tipo trasversale, più legati alle competenze, come per esempio “argomentare”. Non è un risultato che ci si aspetta di ottenere subito, ma che gradualmente prenderà forma laddove ogni Istituto avrà cura di trovare un equilibrio tra i diversi tipi di obiettivo.Infine. Il grande fermento che la scuola primaria sta vivendo rispetto al tema della valutazione avrà grande impatto sia sulle famiglie, sia sul segmento scolastico successivo alla primaria, la Scuola secondaria di primo grado. Che significato ha secondo te dunque questa novità del dispositivo valutativo per le famiglie? Che ricadute può avere sulla Scuola secondaria?Per quanto riguarda le famiglie, come prima cosa sarà indispensabile comunicare che la scuola sta vivendo un passaggio culturale importante e che di fatto questo significherà ricevere maggiori informazioni rispetto al percorso del bambino. Se prima un 7 o un 8 diceva poco, e non forniva strumenti al genitore per intervenire, una formulazione verbale informa le famiglie sugli obiettivi che si pone la scuola ed esplicita gli obiettivi che il figlio ha raggiunto pienamente e le criticità su cui i docenti lavoreranno, in modo che anche i genitori possano collaborare.
La logica del documento cambia radicalmente. Il documento organizzato intorno a obiettivi cancella totalmente la “scala classificatoria” tra alunni in classe. E se la classificazione non interessa più alla scuola, non dovrebbe interessare più nemmeno alle famiglie.Per quanto riguarda la Scuola secondaria, anche qui si sono recepite nel tempo modalità di lavoro che in passato erano proprie più che altro della Scuola dell’Infanzia, quali l’osservazione carta-matita. Credo ci sia curiosità e interesse anche da parte della Scuola secondaria rispetto alla valutazione formativa. Ora come ora, nei documenti valutativi i docenti vivono ancora la “gabbia” del voto numerico, ma il percorso intrapreso alla primaria suggerisce una maggiore articolazione del processo valutativo anche nell’ambiente della secondaria e depotenzia il significato del voto che ancora permane.
A prescindere dalla normativa vigente, Scuola primaria e Scuola secondaria possono già lavorare insieme, in modo verticale, su strumenti e criteri valutativi, in modo da “viaggiare insieme” verso una valutazione che sia davvero formativa per tutti, in ogni stagione del proprio percorso scolastico.