Teresa (Teresa Sánchez de Cepeda ávila y Ahumada) nasce ad Avila nel 1515, nel secolo in cui Lutero avvia la Riforma protestante e la chiesa Cattolica di conseguenza inizia il processo di Controriforma con l’istituzione del Concilio di Trento (1545 – 1563), da cui scaturisce la volontà di fondare nuovi ordini religiosi e di promuovere una rinnovata austerità con nuove e più severe regole monastiche, potenziando anche i tribunali dell’Inquisizione.
Nel 1536 Teresa decide di entrare in monastero presso le carmelitane dell’Incarnazione di Avila e sceglie di chiamarsi Teresa di Gesù. Presto si ammala gravemente ed è costretta a tornare alla casa paterna. Nel 1539 rientra al monastero, ma la sua salute migliora solo dopo tre anni. Teresa attribuisce la sua guarigione all’opera miracolosa di san Giuseppe ed inizia a sperimentare stati di estasi mistica.
Tra il 1554 e il 1555 nel monastero vede unl’immagine raffigurante Gesù coperto di piaghe e prova un così grande dolore nel ritenersi ingrata, che in lacrime si getta ai suoi piedi chiedendo la forza per non offenderlo più. Lei stessa definisce questa esperienza come la sua seconda conversione e comincia a dedicarsi più intensamente alla preghiera.
Teresa matura la volontà di riformare il Carmelo secondo lo spirito originario dell’Ordine.
Secondo la nuova regola le monache vivono solo di elemosina, cominciano la giornata alla 5 (alle 6 in inverno) con una prima ora di preghiera in coro e di seguito recitano l’ufficio; segue la refezione alle 10, alle 14 i vespri, alle 18 la compieta, quindi le monache si ritirano nelle proprie celle per pregare o lavorare.
I carmelitani della prima riforma saranno successivamente definiti "calzati", e quelli introdotti da Teresa "scalzi". Nel 1567 le viene concessa la facoltà di fondare altri monasteri di scalze nella provincia di Castiglia. Durante un colloquio col priore dei carmelitani calzati di Medina, padre Antonio de Heredia (Antonio di Gesù), la riforma carmelitana si estende anche al ramo maschile e cominciano a sorgere i primi eremi di carmelitani scalzi.
Per dirimere i forti dissapori fra i carmelitani "calzati" e gli "scalzi", il 27 giugno 1580 papa Gregorio XIII sancisce la formazione di una nuova provincia separata, quella degli scalzi, secondo il desiderio di Teresa e dei suoi compagni.
Muore nella notte tra il 4 e il 15 ottobre 1582 al monastero di Alba de Tormes fra le consorelle. Il suo corpo riposa ancora oggi nella chiesa dell’Annunciazione in Alba de Tormes.
Alla morte della Santa i monasteri femminili della riforma sono 17.
Definita dalla Chiesa "vergine serafica" e "santa dall’eminente dottrina", è beatificata il 24 aprile 1614 da Papa Paolo V. È canonizzata quarant'anni dopo la morte, il 12 marzo 1622, da papa Gregorio XV, insieme ad altre grandi figure del periodo della Controriforma quali Ignazio di Loyola, Francesco Saverio e Filippo Neri.
Le Corti Generali (il Parlamento spagnolo) l’acclamano patrona nel 1617. Le sue opere mistiche influenzeranno molti scrittori successivi, tra cui Francesco di Sales.
Teresa d’Avila è proclamata solennemente Dottore della Chiesa da papa Paolo VI il 27 settembre 1970. La seguiranno Santa Caterina da Siena, Teresa di Lisieux (1997), carmelitana scalza come lei, e Ildegarda di Bingen (2012).
È patrona degli scrittori assieme a San Giovanni Evangelista, Cassiano di Imola e Francesco di Sales.
Tra le opere di Teresa sono da ricordare la Vita (1562 – 65), il Cammino di perfezione (1562 – 69), le Fondazioni (1576 – 82) e il Castello interiore (1577), nelle quali confluiscono i frutti delle sue letture (sant‘Agostino, Gregorio Magno, i mistici renani del Trecento, l’Imitazione di Cristo), ma soprattutto delle sue esperienze mistiche.
Il Castello interiore, che è una delle massime opere della letteratura religiosa spagnola, consta di sette stanze o mansioni (moradas), in ciascuna delle quali l’anima dimora per attuare progressivamente la purificazione di sé e giungere all’unione con Dio. Teresa ha distinto infatti nella figurazione del castello, che è l’anima in cui Dio ama abitare, tre gradi iniziali o di orazione discorsiva, in cui l’anima rinuncia al peccato e progredisce sulla vita della virtù, e quattro gradi di orazione passiva, cosiddetta perché Dio spoglia l’anima della sua volontà, ponendola in condizione di volere soltanto quello che egli vuole.
Nella quarta dimora infatti l’anima, illuminata dalle prime grazie mistiche, comincia a gustare la dolcezza di Dio e gode di una pace profonda.
Nella quinta dimora, divenuta insensibile alle cose della terra, essa ha una prima esperienza dell’intimità con Dio, che si accresce nella sesta dimora, in cui celebra il suo fidanzamento spirituale, l’anima raggiunge il vertice della vita mistica.
Per esprimere gli altri gradi della contemplazione, Teresa ricorre spesso a immagini e similitudini che rivelano un bisogno di concretezza e una tendenza antintellettualistica; così, per significare l’unione con Dio nel matrimonio spirituale, Teresa usa la metafora del piccolo ruscello che va a finire nel mare da cui non è più possibile separarlo. Ma ricorrono anche immagini che meglio esprimono la permanenza e la distinzione delle due persone, quella umana e quella divina.