Autore: Giorgio Ravegnani
Editore: Il Mulino, 2019
Pagine: 228
Bisanzio, la “seconda Roma”, è stata un polo fondamentale nelle relazioni tra Oriente e Occidente. Di questa dialettica di potere e cultura si occupa il saggio di Ravegnani.
Così è fin dal momento-simbolo della caduta di Roma: lo sciro Odoacre, deposto Romolo Augustolo, chiede e ottiene dall’imperatore Zenone di essere riconosciuto come autorità delegata di Costantinopoli. Anche Teodorico, re degli ostrogoti, governa l’Italia con la legittimazione dell’imperatore Anastasio I, e questi gli rimanda le insegne imperiali restituite a suo tempo da Odoacre.
Giustiniano, artefice della restaurazione dell’unità del Mediterraneo, tiene l’Italia come fulcro della riconquista. Con la discesa dei longobardi, non volendo abbandonare la penisola nelle loro mani, il governo imperiale alterna fasi belliche e diplomatiche. La seconda battaglia combattuta in Italia contro Totila ne è la sintesi; da quel momento in poi, i bizantini non combattono più in campo aperto pur continuando a disporre di ingenti forze militari sul territorio.
Dal V all’XI secolo la parola chiave per sintetizzare il rapporto di Bisanzio con l’Italia è appartenenza, lo attesta il continuo impegno politico e militare da parte di vari imperatori. Una seconda parola chiave, antagonismo, si rispecchia nella contrapposizione politico-teologica tra le due rispettive Chiese. La dice lunga l’arresto del papa, trascinato in una nave imperiale a Costantinopoli per essere processato. Tutto questo culminerà nella definitiva separazione della Chiesa romana da quella greco-ortodossa (1054).
Nel frattempo, per contrastare gli arabi (IX-X secolo) Bisanzio cerca di rafforzare il proprio dominio in Puglia, Calabria, Sicilia occidentale e Sardegna meridionale, lasciandovi ampie testimonianze artistiche. L’estremo tentativo di Basilio II di sferrare un attacco decisivo contro i musulmani si rivela però un fallimento (922).
La fase acuta della crisi nei rapporti con l’Occidente si ha nel corso dell’XI secolo, sia per la debolezza bizantina sia a causa della rinascita dell’Europa dopo il Mille. In tutto ciò Venezia, “bizantina” per nascita e per interessi, stipula con Alessio Comneno (1082) un’alleanza cruciale per la sua fortuna commerciale in Oriente. La quarta Crociata rappresenterà il culmine della strategia economico-politica di Venezia ai danni dell’Impero bizantino. Traghettati su navi veneziane, i crociati devastano e saccheggiano Costantinopoli; con l’aiuto di Genova, cade l’Impero latino d’Oriente.
Ma il crollo definitivo della Costantinopoli “romana” avviene il 29 maggio 1453, sotto Costantino XI, rappresentante della dinastia dei Paleologi che aveva invano tentato di formare un’alleanza anti-ottomana. L’Occidente assiste impassibile all’evento. Qualche anno prima della caduta, però, numerosi eruditi bizantini si erano già rifugiati a ovest portando con sé un preziosissimo bagaglio culturale, favorendo la riscoperta di opere della classicità greca che in Occidente erano andate perdute. La Costantinopoli “morta” risorge altrove: con la sua linfa artistico-culturale darà origine all'Umanesimo italiano.
Autore: Francesco Senatore
Editore: Pearson, 2018
Pagine: 145
Non c’è dubbio che il Medioevo rappresenti nell’immaginario collettivo l’epoca storica nella quale confluiscono più spesso stereotipi, interpretazioni distorte e proiezioni fantastiche che ne alterano il significato. Tale visione, spesso veicolata anche dai media, può rappresentare un ostacolo difficile da superare per lo studente ed una sfida per l’insegnante, chiamato a mostrare che una reale comprensione è possibile solo attraverso uno studio che metta in gioco le categorie del presente stesso.
Con un linguaggio chiaro e preciso, questo libro vuole essere uno strumento pratico in grado di fornire un aiuto in tal senso. Partendo da un’analisi del soggetto studente e delle problematiche legate al linguaggio della storia per arrivare ad una puntuale trattazione su alcuni dei concetti fondamentali della storia medievale - come il feudalesimo, la signoria e la necessità di parlare di diversi “medioevi” -, l’autore, professore di Storia medievale presso l’Università Federico II di Napoli, ci guida in un percorso di formazione che non solo mette in guardia da errori, anacronismo e banalizzazioni, ma fornisce consigli e chiarimenti. Ne deriva un quadro diverso da quello a cui siamo abituati, in cui il mito del Medioevo come paradigma dell’antimoderno viene decostruito così come l’idea annessa dei “secoli bui”. Ciò avviene anche grazie ad un’ultima parte, dedicata alla metodologia e all’analisi di diverse tipologie di fonti (narrativa, materiale, documentaria, contabile, etc.), che costituisce un utile spunto per riflettere sui problemi concreti del fare storia, oltre che un riferimento per l’attività laboratoriale, che può essere ulteriormente approfondita attraverso accurati contenuti video ed esercizi presenti sulla piattaforma digitale “MyLab”.
Dunque, non solo un’ottima guida per gli studenti e per chiunque voglia avvicinarsi allo studio del Medioevo, ma anche un utile strumento per un corretto insegnamento di un’epoca tanto distante quanto fondamentale per la storia dell’Occidente europeo.
Autore: Paolo Rosso
Editore: Pearson, 2018
Pagine: 312
Raccontare nove secoli di storia della scuola medievale non è semplice, significa saper intrecciare variegati settori d’indagine, dai mutamenti didattici e pedagogici a quelli della trasmissione dei saperi, dalla geografia degli spazi e dei centri d’insegnamento al ruolo culturale della religione. Paolo Rosso riesce benissimo nell’impresa. Lo studio della scuola diventa uno straordinario “osservatorio” per conoscere e comprendere la mentalità di un’intera società nelle sue componenti strutturali, sia diacroniche che sincroniche. Che cosa veniva insegnato e con quali modalità? A chi era rivolto l’insegnamento? Per quali motivi si studiava? E ancora, quale cultura veniva trasmessa? A queste e ad altre domande intende rispondere l’autore, apprezzato medievista dell’Università di Torino. Il libro è strutturato in quattro parti secondo un preciso criterio di periodizzazione: si parte dalle scuole cristiane e dalla loro organizzazione nell’età altomedievale; a seguire viene trattato il tema del rinnovamento culturale del XII secolo, per passare poi all’emergere dell’istruzione laica comunale urbana e infine al mondo «nuovo e sperimentale» delle università bassomedievali. Ne esce un quadro vivo e omogeneo, tutt’altro che statico, di una pluralità di scholae che per secoli mantengono le loro funzioni «trinitarie» di alfabetizzazione e formazione di gruppi ancora elitari nei campi «amministrativo-statale, teologico-religioso e pratico-commerciale». Grande cura viene riservata da Paolo Rosso al filologico utilizzo delle fonti: dai canoni ai concili provinciali, dalle bolle papali agli statuti comunali, dai registri delle matricole alle autobiografie dei maestri, a quelle grafiche e scultoree, evitando l’errore, che ritorna spesso in molti manuali, di proiettare anacronisticamente nel passato problematiche e temi del mondo moderno. Sarà poi l’invenzione della stampa a caratteri mobili, ben compresa e utilizzata dalla Riforma protestante, a porre fine a quest’epoca che ancora ci affascina.
Autore: Franco Cardini, Alessandro VanoliEditore: Il Mulino, 2017
Pagine: 337
ùIl saggio dipana la storia di un poderoso asse viario terrestre, marittimo e fluviale che collegava il Mediterraneo all’Oriente attraverso un flusso di scambi commerciali e culturali; al tempo stesso, mette in rilievo il carattere di grande potenza economica mondiale esercitato dalla Cina già dall’età ellenistica. “Quivi si fa la seta” scriveva ne Il Milione Marco Polo, decantando la magia del prezioso tessuto sulla cui origine la Cina mantenne a lungo il mistero, monopolizzandone per secoli l’economia di produzione.Quando ha avuto inizio il raccordo Mediterraneo-Oriente? Nell’età ellenistica ad Alessandria d’Egitto, dopo il 323 a.C. Alessandro Magno non aveva tracciato veri e propri percorsi viari, ma alcune delle città da lui fondate divennero assai importanti nella storia degli scambi tra l’Europa e l’Asia. Dopo la battaglia di Azio nel 31 a.C., Alessandria divenne provincia romana e lo snodo delle mercanzie per le vie d’Oriente divenne il “tesoretto” delle ricchezze di Roma.Quanto alla “rivoluzione della seta”, recenti scoperte archeologiche parlano di allevamenti dei bachi già nel III millennio a.C. La tessitura della seta veniva, per esempio, realizzata in grandi stabilimenti con centinaia di operai a Chang’An, splendente metropoli cosmopolita; e fu sotto la dinastia Tang, che fece circolare il tessuto anche nei territori dell’entroterra, che si avviò il suo importante percorso economico-commerciale.In Occidente, dopo la caduta dell’Impero romano, Bisanzio divenne il punto di arrivo delle favolose mercanzie di Oriente; le vesti di seta color porpora erano il tratto distintivo della famiglia imperiale. Fu lo stesso Giustiniano a introdurre a Bisanzio l’allevamento dei bachi da seta, facendo così espandere la circolazione dei filati in ampia parte del Mediterraneo. Perfino le innovazioni della navigazione tra XI e XII secolo si devono alla Cina: la storia della bussola è infatti cominciata assai prima che ad Amalfi, e in mari assai lontani.Venezia-Pechino: con Marco Polo e compagni si apre la strada europea verso il “Catai”; Costantinopoli e il mar Nero rappresentavano le prime propaggini di Venezia verso l’Asia. Il viaggio di Marco Polo e la sua lunga permanenza nel Catai appartengono alla storia; il suo racconto, Il Milione, narra di un Oriente fino ad allora favoloso, ma più che reale per il suo autore.La spinta commerciale della via della seta entrò in crisi a metà del Trecento, constestualmente alla pandemia di peste e alle conquiste politico-militari dell’Orda d’oro. Nel Quattrocento, con la caduta dell’Impero bizantino, iniziava quindi l’espansione europea verso nuove rotte e reti commerciali. Quel poderoso asse viario tra Asia ed Europa avrebbe quindi subìto una profonda quanto definitiva mutazione. In realtà, a spingere i navigatori verso Occidente era ancora una volta l’Oriente, attraverso il miraggio delle sue favolose ricchezze.E ora – si domandano gli autori – qual è la via della seta? Il capitolo conclusivo traccia alcune direttrici degli odierni rapporti tra Oriente e Occidente. Il flusso finanziario e commerciale passa sicuramente attraverso la via sotterranea di gasdotti e di oleodotti che innervano l’Asia fino al Mediterraneo. Poi ci sono città e infrastrutture: nuovi aereoporti, nuovi porti commerciali, nuove stazioni. Insomma, oggi la più intensa corrente del traffico economico è ancora quella tra Cina ed Europa.In un secolo come il nostro che non è certamente “europeo” ma segna più che mai il potere economico-commerciale, e pertanto politico, della Cina, l’avventura dei rapporti tra Oriente e Occidente ricomincia. Ecco perché dipanare il filo di questa storia millenaria ci riporta alle nostre radici e ci parla del nostro destino.
Autore: Giuseppe Sergi
Editore: Donzelli, 2016
Pagine: X-350
Illustrare e sfatare i pregiudizi e i fraintendimenti riguardanti l’età di Mezzo può dimostrarsi un’impresa titanica: Giuseppe Sergi, con il suo Soglie del Medioevo. Le grandi questioni, i grandi maestri accetta la sfida e la sottopone al giudizio del lettore. L’autore, apprezzato studioso di storia medievale, mette un po’ di ordine nel vasto campo delle opinioni sul Medioevo e tenta di tracciare un sommario bilancio sull’attuale stato degli studi sull’argomento. Dovere dello storico è smascherare gli errori e le confusioni che si celano dietro la categoria “Medioevo”, tra le più usate e abusate, fraintese e distorte, in special modo nel mondo dell’insegnamento scolastico. Mentre la medievistica professionale negli ultimi decenni ha aggiornato e condiviso ricerche e risultati interessanti, concetti come “piramide feudale”, “economia chiusa”, “borghesia cittadina”, “servaggio della gleba” e molti altri permangono come luoghi comuni, ricettacolo di imprecisioni ed equivoci, difficilissimi da sradicare. Il libro, strutturato in una prima parte di prefazioni e una seconda di postfazioni, mette a confronto inizialmente «le conoscenze diffuse con i saperi consolidati della storiografia», soffermandosi specificatamente sui grandi temi del Medioevo, per poi trattare e mettere in luce le novità più significative emerse nelle più recenti ricerche di grandi maestri, dalla storia più generale fino a quella locale. Obiettivo dichiarato dell’opera è in primis dare al lettore «una grammatica concettuale» e una consapevolezza terminologica che consentano di destreggiarsi su argomenti quali il feudalesimo e le signorie, e di orientarlo verso i più aggiornati e validi indirizzi della storiografia, senza trascurare le tematiche metodologiche e le esigenze didattiche. Ne esce così un libro dedicato non solo a specialisti del settore, ma utile soprattutto per tutti quei docenti e studenti che desiderano un po’ fuggire dalle gabbie nozionistiche e schematiche a volte proposte dai manuali e riflettere in maniera più problematica sulle origini dell’identità europea.
Autore: Franco Cardini
Editore: Il Mulino, 2016
Pagine: 325
Crocevia di lingue, culture, religioni, commerci, architetture, così appare e risplende la Samarcanda che Franco Cardini, medievista di fama internazionale, racconta nel suo affascinante ultimo lavoro. Città nota e ignota, realtà e leggenda, tradizione e modernità, indoeuropea e uraloaltaica, Samarcanda non esaurisce mai la sua attrattiva e continuamente «ci seduce e ci perseguita». Da qui il desiderio di un nuovo viaggio, la necessità interiore di una nuova descrizione in grado di conoscerne un altro aspetto, d’aggiungere una diversa prospettiva alla già ricchissima letteratura esistente, perché svelando Samarcanda, raccontiamo e riveliamo anche noi stessi, le nostre luci e le nostre ombre.
Il libro vuol essere un itinerario ragionato alla scoperta dell’antica e nuovissima città: dal mito fondativo alla conquista di Alessandro Magno, dal regno persiano all’invasione mussulmana, passando poi attraverso i secoli del declino (XVII-XIX), alla Samarcanda zarista e sovietica, arrivando fino all’attuale, «dall’urbanistica schizofrenica» e dai volti eterogenei e contraddittori.
Il sogno imperiale di Tamerlano, il grande conquistatore turco-mongolo «signore della paura», e la cupola turchese, color del cielo, del Gur-Amir, suo mausoleo, considerata il centro del mondo, sono le anime, ispiratrici del libro.
Il consiglio è quello di lasciarsi trasportare dalle meraviglie della narrazione e assumere lo sguardo del curioso viaggiatore sull’antica e sempre cangiante via della Seta, ammaliato dall’incanto della «cittadella Regina della Terra» e capace di immaginare e vivere infinite storie, dove vita e morte, da sempre, si intrecciano e confondono.
Autore: Giuseppe Albertoni
Editore: Carrocci, 2015
Pagine: 235
Ha ancora senso parlare di feudalesimo, visto il crescente scarto che si è creato tra l’uso generico e dispregiativo del termine e quello sempre più complesso e specialistico degli storici? Non è ormai diventato una parola vacua, foriera solo d’ambiguità storico - lessicali?
ConVassalli, feudi, feudalesimo, Giuseppe Albertoni riporta all’attenzione del lettore - ricercatore, docente di scuola o semplice appassionato - queste domande, che ancora dividono e fanno dibattere gli studiosi su cosa sia veramente il feudalesimo e quali siano le sue origini. L’autore, docente di Storia medievale all’Università di Torino, ricorda come gli studi su feudi e vassalli, a partire dal libro della storica inglese, Susan Reynolds (“Feudi e Vassalli” 1994, pubblicato in Italia dalla casa editrice Jouvence, Roma, 2004) siano al centro di un’importante opera di ripensamento e rinnovamento.
Il testo, strutturato in due parti, riflette prima sulle origini e sullo sviluppo del concetto di feudalesimo nella storiografia del Novecento, mediante la presentazione delle tesi di alcuni grandi medievisti come il belga F. L. Ganshof e i francesi M. Bloch e G. Duby, poi analizza, la nascita della figura del vassallo, il suo ruolo sociale, i riti dell’omaggio, le gerarchie e la formazione del diritto feudale. L’attenzione alle fonti, il rifiuto di modelli storiografici precostituiti di tipo evolutivo, di letture attualizzanti di marca nazionalistica e la dichiarata volontà di comprendere le radici e i meccanismi dei fenomeni, fanno del libro un valido strumento metodologico e contenutistico d’aggiornamento professionale.