Il sistema industriale moderno ha avuto origine alla fine del ‘700. Il suo sviluppo fu reso possibile dall’introduzione delle macchine e, in particolare, del motore a vapore, che rivoluzionò sia i sistemi di produzione sia i trasporti. L’invenzione del motore a vapore avvenne in varie tappe e fu portata a termine dopo il 1765 da James Watt. Scopriamo la storia di questa fondamentale invenzione.
La macchina a vapore è stata la prima macchina moderna, cioè il primo congegno capace di sostituire l’uomo nello svolgimento di un lavoro. La macchina trasforma l’energia termica in energia meccanica. Le sue componenti fondamentali sono una caldaia, che contiene acqua da portare a ebollizione, e un sistema di tubi nei quali è convogliato il vapore. In tal modo, il vapore può spingere un pistone o fare ruotare un turbina.
Le applicazioni di questo genere di motore sono numerose e la quantità di energia sprigionata è molto significativa. Inoltre, si può usare qualsiasi combustibile per portare l’acqua a ebollizione. Ma quando è stata inventata la macchina a vapore?
Le prime applicazioni del vapore come forza meccanica risalgono al mondo antico. Più precisamente, nel I secolo d. C. l’inventore Erone di Alessandria costruì un congegno, noto come eolipila, formato da due tubi collegati a una caldaia riempita di acqua. L’eolipila, però, era usata solo per applicazione “ludiche”, come aprire a distanza le porte del tempio.
In sostanza, Erone aveva capito e applicato un principio importante, ma non pensò di applicarlo al mondo della produzione. Nel mondo antico, infatti, non esisteva il concetto di macchina per come lo conosciamo noi e nessuno immaginava che dei mezzi meccanici potessero sostituire il lavoro fisico degli uomini. Forse in antichità fu progettato anche un cannone a vapore, ma non vi sono prove certe.
Perché l’energia del vapore sia utilizzata in maniera efficace bisognerà attendere molti secoli. Un primo progetto degno di nota fu sviluppato nel 1690 da un inventore francese, Denis Papin, che costruì una macchina capace di spingere verso l’alto un pistone. Più importante, però, fu l’invenzione di Thomas Newcomen, un inglese che nel 1705 costruì la prima macchina a vapore capace di trovare applicazione su larga scala. La macchina di Newcomen era composta da una sorta di ampio tubo, contenente un pistone; il vapore era introdotto nel cilindro e spingeva il pistone verso l’alto; in seguito, l’immissione di acqua faceva tornare il pistone indietro.
La macchina di Newcomen fu usata per pompare l’acqua dalle miniere, ma era ancora uno strumento rudimentale che non poteva rivoluzionare il mondo della produzione.
L’invenzione del motore a vapore “moderno” è dovuta a uno scozzese, James Watt, che a partire dal 1765 introdusse alcune innovazioni essenziali alla macchina di Newcomen. Anzitutto, Watt aggiunse un condensatore esterno, che aveva alcuni vantaggi: riduceva le perdite, rendendo la macchina più potente, e attraverso l’uso di valvole consentiva di usare il vapore per spingere il pistone nelle due direzioni, verso il basso e verso l’alto (mentre nella macchina di Newcomen solo il movimento verso l’alto era prodotto dal vapore).
Ancora più importante fu un’altra innovazione di Watt, che riuscì a trasformare il moto rettilineo (lo spingere il pistone verso l’alto o verso il basso) in moto circolare, grazie a un meccanismo a biella. Il vapore, in questo modo, poteva non solo spingere un pistone, ma anche azionare una turbina. Questa innovazione fece sì che la macchina a vapore trovasse numerosissime applicazioni.
Il motore a vapore ebbe un ruolo essenziale nella prima rivoluzione industriale, il processo di trasformazione del sistema produttivo che si sviluppò tra la seconda metà del Settecento e l’inizio del secolo successivo. L’invenzione di Watt, infatti, consentì la nascita delle fabbriche “moderne”, nelle quali gli operai lavorano con l’ausilio delle macchine. Il motore a vapore fu usato nelle fonderie dal 1776, nelle fabbriche tessili dal 1787 e in seguito in moltissime altre industrie, consentendo di aumentare enormemente la produttività e di avviare il processo che avrebbe cambiato in maniera irreversibile la società. Il combustibile utilizzato era il carbone, la cui produzione, non a caso, aumentò in maniera esponenziale.
La macchina a vapore rivoluzionò anche il sistema dei trasporti. Nel Settecento l’uomo si muoveva ancora alla velocità dei cavalli e, in mare, solo grazie all’energia prodotta dalla forza delle braccia (remi) o dal vento (vele), come avveniva sin dalla preistoria. All’inizio dell’Ottocento iniziò la costruzione delle locomotive a vapore che, perfezionate nel corso degli anni, consentirono di sviluppare estese reti ferroviarie e velocizzare enormemente il trasporto di uomini e merci. Ebbero meno successo, invece, i tentativi di applicare la il motore di Watt al trasporto su strada, perché le automobili a vapore non furono mai prodotte su larga scala.
Nello stesso periodo il motore a vapore fu applicato anche alle navi. Il primo esperimento fu fatto con un battello sul fiume Hudson, a New York, nel 1807 e con il passare degli anni le imbarcazioni a vapore (dette anche piroscafi, dalla parola greca pyros, che vuol dire fuoco) si diffusero in misura sempre maggiore, sostituendo gradualmente i velieri. Ancora nei primi decenni del Novecento erano il tipo di nave più diffusa. Un piroscafo celeberrimo, per esempio, fu il Titanic.
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento il motore a combustione interna e i progressi nell’utilizzo dell’energia elettrica mandarono gradualmente in pensione il motore di Watt, almeno nella sua forma originaria. Si trattò, tuttavia, di un processo lento, tanto che anche dopo la Seconda Guerra Mondiale restarono in funzione alcune locomotive e alcune navi alimentate a vapore.