Prima o poi, in classe, la domanda arriva sempre: a che cosa serve la matematica? Una risposta inaspettata è che serve anche ad affrontare e risolvere problemi legati ai beni culturali, dal restauro alla modellizzazione di opere d’arte. In questo articolo, una breve panoramica dei rapporti tra due ambiti apparentemente tanto lontani.
Adottare strategie rigorose
La matematica è utile per esempio al restauro perché insegna a risolvere problemi complessi adottando strategie rigorose. “L’impostazione moderna del restauro richiede un approccio strategico, che preveda di operare in maniera logica, programmatica e sulla base di una conoscenza profonda del contesto del problema da affrontare” sostiene Mauro Matteini del Consiglio Scientifico dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Prendiamo la conservazione dei marmi: l’approccio convenzionale si concentrava solo sull’applicazione di barriere protettive idrofobe, in grado di proteggere le lastre di marmo dagli agenti ambientali veicolati dall’acqua (sostanze acide o saline, componenti microbiologiche, polveri sospese ecc.). Sul lungo periodo, però, questo approccio si è rivelato fallimentare, perché sono sorti inconvenienti imprevisti come l’annerimento in tempi più brevi delle superfici trattate. Così, dalla metà degli anni Novanta si è incominciato a cercare soluzioni che tenessero conto non solo del problema-base ma anche di quelli legati al contesto. Per esempio, sono stati messi a punto procedimenti innovativi che rispettano la natura idrofila dei marmi e delle pietre calcaree, preservandole così nel tempo. E tutto con l’aiuto della matematica, sia in termini di “mentalità”, che ha permesso di trovare soluzioni migliori e più articolate, sia in termini di strumenti, come algoritmi operativi concreti per risolvere i problemi.
Un modello di durabilità della pietra
Un altro esempio legato ai marmi riguarda il modello matematico della durabilità del materiale lapideo del complesso archeologico del teatro romano di Aosta, realizzato da un gruppo di lavoro costituito da ricercatori del CNR, dell’Università di Torino e della Soprintendenza regionale per i beni e le attività culturali della Valle d’Aosta.
“Un materiale lapideo esposto in ambiente esterno è soggetto all’azione simultanea di diversi fattori abiotici e biotici che con meccanismi di tipo fisico e chimico interagiscono con il materiale stesso modificandone progressivamente lo stato di conservazione. Intervalli critici o valori di soglia dei vari agenti, loro sinergie e opposizioni, insieme alle caratteristiche specifiche del litotipo e alla sua posizione geografica e climatica, instaurano un equilibrio dinamico in cui la pietra, per durare nel tempo, deve possedere una resistenza superiore all’azione degradante dei fattori ambientali” sostengono i ricercatori nella loro relazione al convegno all’Accademia dei Lincei. Nel loro modello compaiono parametri matematici - per esempio la porosità - che contengono altri sottoparametri, quali la distribuzione dimensionale dei pori, il loro grado di interconnessione, la porosità efficace, e di conseguenza l’assorbimento di acqua per capillarità, l’indice di saturazione, l’indice di evaporazione ecc. Hanno poi creato una matrice numerica di “durabilità dinamica” che sta alla base del modello perché serve a prevedere come il sistema delle variabili possa influire sulla durabilità del materiale. Grazie a un sistema di codici di interazione causa-effetto, costituiti da numeri che vanno da 0 (nessuna interazione) a 5 (interazione critica) è possibile valutare quantitativamente il loro impatto.