Ci sono voluti 150 anni per avere a Milano una statua dedicata a una donna, non una qualsiasi, ma una protagonista della storia italiana2.
Cristina3 Trivulzio di Belgiojoso, nata a Milano il 28 giugno 1808 da una famiglia dell’aristocrazia milanese, scrittrice, editrice di giornali, patriota, attivista per i diritti umani, ebbe una vita movimentata, tra viaggi, fughe rocambolesche, resa ancor più interessante dai rapporti con personalità di spicco della sua epoca, artisti, letterati, politici, italiani e stranieri.
Senza voler entrare nel dettaglio di una biografia molto ricca, scopo di questo “ritratto” è mettere in luce alcuni aspetti che fanno di Cristina non solo una protagonista dell’unificazione italiana, ma anche un’antesignana nell’impegno per l’emancipazione delle classi più umili, e soprattutto delle donne.
La sua personalità decisa si esprime molto presto. A sedici anni, contro il parere generale, sposa il principe Emilio Barbiano di Belgiojoso, di abitudini piuttosto libertine. Ma, dopo soltanto quattro anni, lo lascia per i suoi continui tradimenti. Naturalmente, non potranno divorziare, ma questa scelta mette in luce il suo carattere forte e volitivo.
Sempre giovanissima, inizia il percorso di avvicinamento ai circoli carbonari, impegnati nella lotta contro il dominio austriaco.
Gli austriaci, non volendo infierire sulle élites sociali e culturali milanesi, chiudono un occhio sulle frequentazioni della giovane. Così, molti anni dopo, lei stessa descrive questo primo periodo della lotta per le libertà civili e politiche: «Gli italiani avevano sperimentato soltanto la speranza. Soltanto il diritto di parlarne era stato fin qui garantito, per cui quando i dominatori austriaci e borbonici proscrissero la parola magica e si rivelarono per quei tiranni incurabili che sono, furono e sempre saranno, gli italiani sentirono, forse per la prima volta, il peso intollerabile delle catene, le maledirono e si prepararono ai sacrifici più nobili pur di spezzarle»4.
Sentendosi comunque braccata, pensa di lasciare Milano, iniziando così una vera odissea che la porterà non soltanto a Genova, Firenze, Roma, ma in Svizzera, in Inghilterra, a Malta e in Turchia. Dal 1831, vivrà a Parigi per dieci anni.
Ma il capo della polizia Torresani5 inizia una persecuzione personale nei suoi confronti che dura anni. Per costringerla a rientrare in territorio austriaco, fa mettere sotto sequestro i suoi beni, primo passo per la confisca definitiva.
Cristina non si perde d’animo, accettando la povertà e gli stenti, pur di non dover sottostare a questo ricatto. Così descrive la condizione nella quale si ritrova: «Ricca erede, cresciuta nelle costumanze dell'aristocrazia milanese, non conoscevo proprio nulla delle necessità della vita [...] non potevo rendermi conto del valore di un pezzo di cinque franchi. [...] Potevo dipingere, cantare, suonare il pianoforte, ma non avrei saputo far l'orlo a un fazzoletto, cuocere un uovo sodo od ordinare un pasto6».
A questo si deve aggiungere lo stato di salute molto precario che la costringe spesso a letto.
Tra il 1831 e il 1835, con il recupero del suo patrimonio, la situazione va progressivamente migliorando.
Quello che colpisce sono le personalità che frequenta, che la stimano e l’aiutano nelle sue azioni. Superate finalmente le difficoltà finanziarie, può aprire un suo salotto, dove si incontrano esiliati italiani, borghesia illuminata, artisti. Inizia una collaborazione con il giornale “Constitutionnel”, con articoli sulla questione italiana e per traduzioni dall’inglese.
Nel suo sforzo continuo di trovare appoggi alla causa italiana, incontra Luigi Napoleone Bonaparte, il futuro Napoleone III, in esilio a Londra, al quale strappa la promessa di operare per la causa risorgimentale. È noto come andrà a finire…
Ma non è tutto oro quello che luccica. Oltre ai pettegolezzi sulle sue relazioni7, gelosie e invidia la affliggono e circolano anche tra quanti pure aiuta. Lo stesso Mazzini, dopo che lo aveva sostenuto una prima volta, non è tenero con lei quando gli nega l’aiuto per una nuova spedizione contro i Savoia, accusandola di essere «al meglio con l’Austria»8.
Al suo rientro in Italia, nel settembre 1839, intraprende delle iniziative sociali in aiuto ai poveri. Trasforma il suo palazzo in un centro di accoglienza per quanti hanno bisogno. Crea un asilo per bambini, una scuola elementare, una scuola professionale femminile e una di tecnica agraria maschile, laboratori artigianali per pittori, rilegatori, restauratori. Vorrebbe intervenire anche nell’insegnamento della religione, ma capisce quali ostacoli può incontrare9.
Prima ancora che nasca il sindacalismo, organizza associazioni tra lavoratori.
Dal 1845 al 1848 l’attività giornalistica diventa preminente. Con l’intento di diffondere le idee risorgimentali, fonda due giornali, La Gazzetta Italiana, con cadenza bi/tri settimanale e il periodico L’Ausonio. La sua idea è che l’unica soluzione per raggiungere l’unità è sostenere la dinastia dei Savoia, per arrivare poi alla costituzione di una repubblica, sul modello di quella francese.
È a Napoli quando a Milano scoppiano le Cinque giornate. Con circa 200 napoletani raggiunge la città, ma, quando gli austriaci tornano, riprende la strada dell’esilio. Si ritrova a Roma nella difesa della Repubblica romana, durata dal 9 febbraio al 4 luglio. Suo compito è occuparsi degli ospedali.
Il 27 agosto 1849, Cristina lancia questo appello alle donne romane affinché la aiutino ad assistere i feriti. «Sin d’oggi si è pensato di comporre una Associazione di Donne allo scopo di assistere i Feriti […]. Le Donne Romane accorreranno, non v’ha dubbio, con sollecitudine a questo appello fatto in nome della patria carità».
Tra le moltissime che rispondono, di tutte le classi sociali, di ogni regione, persino straniere, anche prostitute di professione, ne sceglie trecento, tenendo conto certamente più dell’interesse dei feriti che della morale. Questo suscita accese reazioni negli ambienti ecclesiastici e non10. Così si pronuncia Pio IX nell’Enciclica Nostis et Nobiscum dell’8 dicembre 1849: «Più d’una volta gli stessi miseri infermi già presso a morire, sprovveduti di ogni conforto della Religione, furono astretti ad esalare lo spirito fra le lusinghe di sfacciata meretrice». Nella sua risposta al Pontefice, pur non negando la presenza di donne «di costumi reprensibili», così si esprime: «Si degnerà sicuramente di considerare che non disponevo della Polizia Sacerdotale per indagare nei segreti delle loro famiglie, o meglio ancora dei loro cuori». La cosa più importante era però che quelle donne «erano state per giorni e giorni al capezzale dei feriti; non si ritraevano davanti alle fatiche più estenuanti, né agli spettacoli o alle funzioni più ripugnanti, né dinnanzi al pericolo, dato che gli ospedali erano bersaglio delle bombe francesi».
Ancora una volta in fuga, sentendosi tradita dai francesi, fugge con la figlia a Malta e in Turchia, dove fonda una azienda agricola.
Torna in Italia nel 1855, vivendo tra Milano e Locate Triulzi, dove muore ed è sepolta nel 1871, felice di aver potuto assistere all’Unità d’Italia.
NOTE
1 Dalla mozione presentata da Angela Vasile, consigliere comunale del PD, nel giugno 2019 e approvata all’unanimità. La prima scultura, dono del figlio, è quella dedicata a Rachele Bianchi, artista milanese, nata nel 1925 e morta nel 2018 e posta in via Vittor Pisani.
2 La statua, opera dello scultore Giuseppe Bergomi, inaugurata il 15 settembre 2021, è situata nella piazza omonima, all’angolo con via Morone, dove si trova la casa di Alessandro Manzoni, che prende il nome dal Palazzo Belgiojoso, opera dell’Architetto Giuseppe Piermarini per conto del principe Alberico XII di Belgioioso d'Este.
3 A questo nome bisogna aggiungerne altri 11!
4 C. Trivulzio di Belgiojoso, Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire, Milano, Vallardi, 1868, p.12.
5 Carlo Giusto Torresani Lanzfeld, nato in provincia di Trento, allora austriaca.
6 C. Trivulzio di Belgiojoso, Souvenirs dans l'exil, in “Le National”, 5 settembre-12 ottobre 1850, trad. it. Ricordi nell'esilio, a cura di M. F. Davì, Pisa, ETS, 2002, pp. 174-175.
7 Nel 1838 nasce la figlia Maria. Sulla paternità la storiografia fino ai giorni nostri è divisa.
8 G. Mazzini, Epistolario, Imola, Galeati, 1906, vol. II, lettera DLXXIII del 2 marzo 1835.
9 Nel 1842 aveva pubblicato l'Essai sur la formation du dogme catholique (Saggio sulla formazione del dogma cattolico).
10 Lo stesso Alessandro Manzoni, in passato, l’aveva accusata di essere una peccatrice.