Maria Gaetana Agnesi nasce a Milano il 16 maggio 1718 in una famiglia facoltosa, arricchitasi grazie al commercio della seta. Gaetana è una bambina prodigio. Sin dall’infanzia apprende tante lingue, al punto da essere soprannominata “oracolo settelingue”. Il padre, Piero, provvede con grande lungimiranza all’educazione dei suoi numerosi figli, avuti con tre mogli. La sua casa diventa un foyer per incontri su vari temi, dalla filosofia alla matematica. Una sorella di Gaetana, Maria Teresa, è affermata compositrice, librettista e clavicembalista ed è oggi commemorata con una targa nel museo teatrale della Scala di Milano.
La matematica, campo in cui Gaetana diventerà una delle personalità più note dell’epoca, si inserisce in un programma, riservato naturalmente alle donne appartenenti ai ceti più elevati, volto a dare loro una conoscenza sufficiente per poterne discutere nelle conversazioni salottiere. Ma non per Gaetana che, a 19 anni, inizia a studiare filosofia, dai presocratici a Cartesio fino a Newton, assieme ad altre materie, come etica, ontologia, logica, cosmologia, meteorologia, biologia, metafisica, fisica, ottica, discutendo dei suoi studi e dei suoi progressi con personalità di spicco dell’epoca1 che frequentano casa Agnesi.
Nel 1738 pubblica le Propositiones philosophicae, 191 tesi che la Agnesi discute durante uno dei seminari informali sempre presso la sua casa di Milano.
Quest’opera rivela la disposizione della ragazza verso il carattere etico della matematica: «Le discipline matematiche devono essere ascritte a parti della filosofia, discipline che a buon diritto rivendicano per sé, in confronto alle altre, il nome di scienza, poiché con fondata certezza ci conducono a raggiungere la verità e a contemplarla, della qual cosa niente è più piacevole».
Interessante la testimonianza del diplomatico francese, Charles de Brosses, ospite di Piero Agnesi nel luglio 1739, che si trova a discutere con Gaetana:
«Mi disse che le dispiaceva molto se la visita aveva preso la forma di una discussione teorica; che a lei non piaceva affatto parlare di simili cose in mezzo ad una compagnia dove, per uno che se ne appassiona, venti si annoiano, e che la cosa aveva senso soltanto se fatta tra due o tre persone con gli stessi gusti. Questo discorso mi parve altrettanto sensato quanto i precedenti».2
Notevole che la giovane, nei suoi studi matematici, avesse il supporto dei vertici del pensiero matematico dell’epoca, al punto da essere aggregata all’Accademia delle Scienze di Bologna.
Nel 1748 pubblica le Istituzioni Analitiche ad uso della gioventù italiana3, la sua opera maggiore, un compendio di tutte le ricerche condotte fino a quel momento nel campo del calcolo infinitesimale. Così lei stessa giustifica l’opera:«Sembrerà forse affatto inutile, che compariscano queste mie Instituzioni, avendo altri già da molto tempo così largamente provveduto all’altrui bisogno. Ma su questo punto io prego il cortese Lettore a riflettere, che crescendo le scienze di giorno in giorno, dopo l’edizione del lodato libro moltissimi, ed importantissimi sono stati i nuovi ritrovamenti inseriti dai loro Autori in diverse opere, come era succeduto degli anteriori; quindi per iscemare agli Studiosi la fatica di andare fra tanti libri ripescando i metodi di recente invenzione, mi sembravano utilissime, e necessarie nuove Instituzioni di Analisi».Il suo scopo, già espresso nel titolo è dunque pedagogico e perciò scrive in italiano, non in latino, perché ha «avuto in mira più che ogni altra cosa la necessaria possibile chiarezza».
Nel primo tomo dell’opera presenta la curva conosciuta ancora oggi come “versiera”, già studiata prima di lei da Pierre de Format nel 1666 e nel 1703 da Guido Grandi. Curiosamente il traduttore inglese della Agnesi interpretò il termine versiera come l’abbreviazione di “avversiera”, nome con cui si indicava la strega, denominando perciò la curva Agnesi’s witch, la “strega di Agnesi”, com’è conosciuta nel mondo anglosassone.
L’opera ha successo a livello europeo, recensita da eminenti personalità che ne apprezzano la chiarezza e l’accuratezza.
Carlo Goldoni, che ne aveva ricevuto una copia da Gaetana, così ne parla nella commedia teatrale Il Medico olandese 4 - messa in scena a Milano nel 1756 - dove uno dei personaggi parla di «un certo libro italiano / che tratta delle Analisi, venuto da Milano. (…) con saper profondo / prodotto abbia una donna un sì gran libro al mondo. / È italiana l’autrice, non è olandese / donna illustre, sapiente, che onora il suo paese».
Tale è il successo dell’opera che papa Benedetto XIV, nel 1750, le offre la cattedra di Matematica all’Università di Bologna con questa interessante motivazione: «Vi esorto a formare delle compagne che vi somiglino; affinché resti ognuno persuaso che voi valete quanto noi, quando volete studiare. L’anima diventa frivola quando non pensa che a nastri, e pennacchi; ma essa è sublime allorché sa meditare»5.
Nonostante la ratifica del Senato accademico, non si hanno notizie che effettivamente la Agnesi abbia ricoperto quel ruolo. Ma è comunque la seconda donna, con la fisica Laura Bassi (1711-1788), ad ottenere una cattedra universitaria.
A questo punto però la vita di Gaetana subisce un drastico cambiamento. Da sempre impegnata in opere caritatevoli presso l’Ospedale Maggiore di Milano, dopo la pubblicazione delle Istituzioni, riduce i suoi impegni di studio e sociali a favore delle opere di beneficenza. Ciò coincide anche con un crescente interesse verso la teologia e le Sacre Scritture6.
Dopo la morte del padre, il 19 marzo 1752, trasforma la sua casa in via Pantano, a Milano, in un asilo per bisognosi, spiegando così la sua decisione:«… finora spero che il mio studio sia stato di gloria a Dio, perché giovevole al prossimo ed unito all’obbedienza, essendo tale anche la volontà e genio di mio padre: ora cessando questa, trovo mezzi e modi migliori per servire a Dio e giovare al prossimo, ed a questi devo e voglio appigliarmi».A seguito di cause ereditarie lascia la casa e, con il denaro ricavato dalla vendita dei gioielli che l’imperatrice Maria Teresa d’Austria le aveva donato dopo aver ricevuto le Istituzioni, apre un ospizio dedicato alla cura dei malati psichici.
Nel 1771 viene aperto il Pio Albergo Trivulzio in un palazzo ristrutturato del Principe Trivulzio. È chiamata dal cardinale Pozzobonelli a ricoprire la carica di direttrice del reparto femminile. Condivide la vita delle sue assistite, abitando in modesti locali e pagando l’affitto.
Qui muore nel 1799 e viene sepolta su sua richiesta in una fossa comune.Note1. Tra questi, Francesco Manara, sacerdote e professore di Fisica sperimentale all’Università di Pavia, e Michele Casati, anche’egli sacerdote e insegnante all’Università di Torino.
2. Charles De Brosses, Lettres familières écrites d'Italie en 1739 et 1740 par Ch. de Brosses, a cura di R. Colomb, I, Paris 1904.
3. Opera in quattro libri raccolti in due tomi.
5. Francesco Agnoli, “Il Foglio”, 16.02.2012
6. Probabilmente in questo contesto studiò l’ebraico.
Nato come Ospedale Maggiore e come Ca’ Granda, fu fondato nel 1456 dal duca di Milano Francesco Sforza su progetto dell’architetto Filarete. Dal 1923 è sede dell’Università degli Studi.Quello che oggi è indicato come Policlinico, mantenendo ancora la denominazione di Ospedale Maggiore, fu spostato tra la fine del XIX secolo e gli anni venti del Novecento oltre la cerchia dei Navigli. Il termine Ca’ Granda fu assegnato all’Ospedale di Niguarda, costruito nel comune omonimo tra il 1932 e il 1939.Il Pio Albergo Trivulzio fu costruito nel 1766 per volontà del principe Antonio Tolomeo Gallio Trivulzio all’interno del suo stesso palazzo in Contrada della Signora (oggi via della Signora). Nel tempo fu soggetto a vari spostamenti fino all’ultima sede sulla strada verso Baggio, da qui la denominazione di “baggina”. Dopo l’Unità d’Italia fu unito con gli Istituti Martinitt e Stelline, con i quali dal 2003 costituisce un’unica istituzione di servizi alla persona.