Autore: Karl Bruckner
Editore: Giunti junior, 2015
Pagine: 240
Il libro Pubblicato per la prima volta nel 1961, con il titolo Sadako will leben (Sadako vuole vivere), il romanzo dell’austriaco Karl Bruckner (1906-82) viene tradotto in molte lingue, facendo vincere al suo autore diversi premi letterari europei, e diventa subito un classico moderno.
La storia, nota ai più, comincia dieci giorni prima dello sgancio della bomba atomica su Hiroscima, avvenuto il 6 agosto 1945, e vede come protagonista una bambina di quattro anni Sadako, che trascorre il tempo andando a zonzo per la città con il fratello Scigheo, di dieci anni, mentre il padre è arruolato al fronte e la madre si guadagna da vivere come operaia in fabbrica. I due fratellini sono al parco quando, qualche giorno più tardi, “il gran sole di Hiroscima”, l’atomica, renderà di fuoco il cielo della città, lasciandoli apparentemente illesi.
Nel frattempo la storia assume anche il punto di vista degli aviatori americani, alla cui base arriva «una buffa cassa» che sembra una piccola bara nera. Tra i soldati si sospetta addirittura che sia uno scherzo e si suppone che siano fuochi d’artificio per celebrare la fine della guerra, così la bomba viene soprannominata “Little boy”. Ma il generale Spaatz, il 5 agosto, fa riunire i soldati incaricati di portare a termine l’operazione, rivolgendosi loro in maniera perentoria: «Signori! Nella guerra contro il Giappone domani verrà usata un’arma di un nuovo tipo […] È stata costruita a Los Alamos sotto il nome di “Progetto Manhattan”, in un lavoro sperimentale della massima segretezza […]». Viene incaricato di pilotare il B-29 che porterà a termine l’azione il colonnello Tibbets, il quale, senza sospettare il disastro di enormi proporzioni che andrà a causare, decide di chiamare il velivolo come sua madre, Enola Gay.Scheda didatticaIl gran sole di Hiroscima è un romanzo che parla della guerra e delle sue conseguenze. Conseguenze non solo immediate, bensì di lungo periodo, dal momento che la storia si snoda lungo dieci anni, durante i quali Sadako e la sua famiglia riescono a ricostruirsi una vita, per poi accorgersi dell’effetto terribile provocato dalle radiazioni della bomba atomica.
Il testo è scorrevole, adatto per un’età di lettura autonoma a partire dagli 11-12 anni e può essere assegnato al termine della classe seconda per iniziare a ragionare e riflettere sul Novecento.
Il docente può richiedere agli studenti di cercare notizie sul Web o su libri di storia circa il contesto in cui avvengono i fatti, su cosa sia stato il Progetto Manhattan o più generalmente su cosa sia la guerra nucleare e di quali armi si serva. Il libro si presta anche all’approccio interdisciplinare con le materie scientifiche, quali scienze e tecnologia, in cui il tema del nucleare e dei suoi rischi viene affrontato quando si trattano le forme di energia utilizzate dall’uomo.
Il romanzo si presta infine a una profonda riflessione sui temi della sofferenza e della distruzione che tutti i conflitti – ma soprattutto quelli a partire dal Novecento – portano con sé e che ingiustamente, ieri come oggi, non risparmiano neppure i più piccoli.
Autore: John Keegen
Editore: Il Saggiatore, 2018
Pagine: 761
Il saggio di John Keegen (1934-2012), storico inglese tra i maggiori esperti di storiografia militare, è un grande affresco, un’opera fondamentale per comprendere le dinamiche e conoscere i protagonisti del secondo conflitto mondiale.
L’autore ricollega innanzitutto i fatti della guerra ai decenni di storia precedenti. Le origini della militarizzazione si trovano già nell’edificazione dello stato-nazione nella seconda metà dell’Ottocento, quando, divenendo popolare, il servizio militare sembrò acquisire caratteri di uguaglianza e fraternità. In questo contesto di massificazione militare è possibile comprendere l’entusiasmo per la grande mobilitazione nella Prima guerra mondiale, ma anche la bruciante disillusione al termine del conflitto, quando perfino alle nazioni vincitrici, Francia e Gran Bretagna, riuscì difficile continuare a esaltare il valore delle sofferenze patite in nome della patria. D’altronde, la guerra aveva trascinato l’Italia e gran parte d’Europa in una grave crisi economica, difficile da gestire per i partiti tradizionali, mentre l’uomo che guidava i Fasci di combattimento prometteva efficaci soluzioni di tipo militare per i problemi del paese.
Dopo il fallimento del putsch di Monaco, Hitler si impegnò ad arrivare al governo per via costituzionale, via garantita proprio dall’alleanza con i militari, utili grazie alla loro Überparteilichkeit (essere al di sopra delle parti). Sarebbe stato proprio un eroe della Grande guerra, Paul Hindenburg, ad aprirgli le porte del cancellierato il 30 gennaio 1933.
L’inizio della Seconda guerra mondiale segnò invece la preponderanza strategica dei generali – la cui autonomia decisionale, peraltro, provocò spesso l’irritazione del Führer. Tra loro, Franz Halder, ideatore dell’aggressione alla Francia, spostando i carri armati della Wehrmacht attraverso le Ardenne.
Negli anni del conflitto, i “dilemmi strategici” investirono pressoché tutti i capi di stato. Nel caso di Winston Churchill, il suo interventismo fu considerato eccessivo perfino da Hitler, il quale ai suoi generali faceva notare di essere «più ragionevole lui come Führer che Churchill come primo ministro». Di fatto, tra il 1939 e il ‘43 il leader britannico “silurò” pesantemente la sua Royal Navy: «Non ci fu un solo ammiraglio con un importante comando in mare che non abbia tentato di sostituire».
La guerra globale, aperta su diversi fronti, alla fine procedette verso la catastrofe proprio lì dove era iniziato il Blitzkrieg, ossia l’attacco a sorpresa dalle Ardenne. La follia autodistruttiva di Hitler, ideatore dell’operazione Herbstnebel, non sfuggì neppure al comandante nazista Sepp Dietrich. Tra il febbraio e il marzo 1945 le truppe di Eisenhower raggiungevano il Reno. Fine di un sogno di potenza che aveva spinto fino al delirio il militarismo prussiano.
Autore: Oliver Wieviorka
Editore: Il Mulino, 2009
Pagine: 394
Tra il 5 e il 6 giugno 1944 si tenne sulle coste della Normandia la poderosa operazione militare intrapresa dalle forze alleate anglo-americane. Il “D-Day” (come da celebre nome in codice) è stato il più massiccio sbarco militare della storia, con 6.500 mezzi anfibi, 3 milioni di uomini suddivisi tra divisioni britanniche, statunitensi e canadesi, protette da 1.000 navi da guerra e appoggiate da migliaia di aerei.
Eppure, quella punta cruciale nella tenaglia di accerchiamento delle truppe nemiche era nata da un difficile accordo tra gli Alleati: il generale britannico Frederick Morgan aveva infatti abbozzato il piano dell’“Operazione Overlord” non prima del 13 aprile 1943, mentre il comando supremo venne conferito all’americano David “Dwight” Eisenhower solo il 6 dicembre 1943. In effetti, fino agli inizi del 1942 il presidente Usa Franklin Delano Roosevelt era rimasto insensibile agli appelli di chi patrocinava una guerra periferica, di logoramento. La decisione dell’appoggio statunitense all’opzione europea giunse solo nella primavera del ‘42. Il giorno X e l’ora X sarebbero stati decisi da Eisenhower.
Dopo avere vinto la titanica battaglia iniziale, gli Alleati dovevano adesso “vincere” l’organizzazione quotidiana per la distribuzione di munizioni, benzina e vettovagliamenti. Proprio qui si sarebbero verificati numerosi episodi di carenza di cooperazione. Di questa provvisoria impasse strategica si rese immediatamente conto il generale tedesco Erwin Rommel, il quale cercò di convincere Hitler a modificare il proprio piano, concedendogli piena libertà d’azione e rinforzo dei blindati. Di fatto, la Wehrmacht non riuscì però mai a recuperare la sconfitta subita e lo sbarco segnò il tracollo del Terzo Reich.
Al di là dei discorsi ufficiali – come sottolinea il saggio dello storico Wieviorka, specialista della Seconda guerra mondiale – le divergenze tra i membri della coalizione vincitrice della guerra erano numerose, dal contenzioso strategico agli attriti diplomatici tra Stalin, Churchill e Roosevelt, tutti e tre preoccupati per gli sviluppi del dopoguerra. Lo sbarco in Normandia non fu quindi un’azione semplicemente militare ma, forse ancor di più, geopolitica. Cosa che, tra l’altro, spiega il trattamento di marginalizzazione riservato a De Gaulle durante la liberazione della Francia.
Così, paradossalmente, con la distruzione del “mostro” nazista si posero le basi non per la pace (magari kantianamente perpetua…) ma per la guerra, “fredda”.
La rosa bianca di Sophie
Autore: Giuseppe Assandri
Editore: San Paolo, 2020
Pagine: 160
Per quanto soffocante e invincibile possa apparire una dittatura, per quanto la sua voce sembri capace di blandire le menti di un intero popolo fino ad annientarne la volontà e il pensiero, prima o poi essa è destinata a scomparire. I nemici più temibili di un regime dittatoriale sono spesso proprio coloro che dovrebbero esserne le vittime sacrificali designate: le giovani generazioni. Quando giovani menti e giovani cuori si uniscono, il buio imposto da un pensiero totalitario è destinato ad essere sostituito dalla luce della legge morale, che rende visibile il cammino da percorrere per il raggiungimento della giustizia, della pace e della vera libertà. È ciò che è accaduto in Italia con la resistenza attiva e armata contro il fascismo. Ed è ciò che è accaduto in Germania con la resistenza passiva al nazismo attuata dalla “Rosa Bianca”. “
La rosa bianca di Sophie” di Giuseppe Assandri, edito da San Paolo, ha come protagonista Sophie Scholl, una giovane donna che ha lasciato un segno indelebile non solo nella storia della Germania oppressa dal pensiero imposto dal Terzo Reich, ma anche nel vasto panorama delle figure femminili di cui abbiamo l’obbligo morale di ricordarci. Forte delle armi fornitele dai genitori, quali la capacità di analizzare in modo critico la realtà politica della Germania nazista e di osservarla alla luce della legge morale e della fede in Dio, Sophie riesce a prendere le distanze dal nazismo, pur avendone subito il fascino da bambina e da adolescente.
Dopo aver superato con successo l’Esame di maturità nel 1940, Sophie è pronta per intraprendere gli studi universitari a Monaco di Baviera, nonostante la propaganda nazista insista per imporre alle ragazze tedesche il ruolo di mogli e madri che non hanno bisogno di un’istruzione di alto livello per coronare i loro sogni e seguire il proprio progetto di vita. Gli ostacoli che il regime mette in atto contro i suoi stessi cittadini, quegli stessi giovani cittadini che pure avrebbero avuto il compito di costruire il futuro della Germania nazista, servono a forgiare ulteriormente la forza di volontà di Sophie, che non perde le speranze di poter iniziare gli studi universitari pur trovandosi costretta a regalare il prezioso tempo della propria giovinezza alla voracità del Terzo Reich svolgendo per un anno il RAD, il servizio ausiliario obbligatorio, prima in una fattoria e in seguito in una fabbrica di armi. Alle forze contrarie / mai piegarsi sono i versi di Goethe, scelti come motto dal padre di Sophie, che permettono alla giovane di andare avanti nei momenti di sconforto.
Divenuta finalmente studentessa universitaria e trasferitasi a Monaco di Baviera, Sophie ha la possibilità di venire a conoscenza delle azioni intraprese dall’organizzazione di resistenza passiva al nazismo denominato “La Rosa Bianca”, di cui il fratello Hans e i suoi amici sono i fondatori. Dopo aver partecipato in prima persona alla disastrosa campagna di Russia ed essere stati testimoni oculari del baratro verso cui Hitler sta portando la Germania con la Seconda guerra mondiale, Hans e i suoi amici decidono di ribellarsi alla dittatura in modo pacifico e nonviolento, ma usandone le stesse armi: la comunicazione verbale utilizzata con costanza, convinzione, tenacia. Sophie approva e sostiene l’operato della “Rosa Bianca” e ne diviene uno dei membri più attivi.
I volantini della “Rosa Bianca” compaiono in tutta la Germania nelle cassette postali di intellettuali e docenti universitari, alle fermate degli autobus, nelle cabine telefoniche. L’invito rivolto ai cittadini tedeschi dai giovani membri della “Rosa Bianca” è frutto di un approccio razionale e disincantato alla realtà: è necessario opporsi e sabotare un regime dittatoriale che per troppi anni ha ingannato la Germania con promesse di irraggiungibili sogni di potere e condannando a morte tutti gli appartenenti a categorie sociali ritenute “inferiori”: dagli Ebrei vittime delle leggi di Norimberga e deportati nei campi di concentramento, alle vite “non degne di essere vissute” dei disabili fisici e mentali cui viene destinato il programma “Aktion T4”. Agendo con caparbietà e zelo, guidati dal Bene e dai suoi limpidi principi, con l’aiuto dei loro amici e del professor Huber di cui sono allievi all’Università, Sophie e Hans lavorano instancabilmente per la diffusione delle loro idee. Fino a quel fatidico 18 febbraio 1943. Scoperti da un custode dell’Università mentre stanno lasciando dei volantini nei corridoi, i due fratelli vengono denunciati alla Gestapo.
Dopo aver subito per quattro giorni un pressante interrogatorio, Sophie viene riconosciuta colpevole di alto tradimento e condannata a morte insieme al fratello Hans e all’amico Christoph Probst, anch’egli membro della “Rosa Bianca” e giovane padre di tre figli. Gli altri appartenenti all’organizzazione seguiranno lo stesso triste destino pochi mesi dopo. Un esempio di integrità morale e di vero amore per la libertà di pensiero da far conoscere ai propri alunni, quello lasciato da Sophie Scholl e dai ragazzi della “Rosa Bianca”, che con coraggio e audacia hanno dimostrato che la legge morale che risiede nella coscienza di ciascuno è il pilastro su cui costruire realtà politiche e sociali che abbiano come vere sovrane la pace e la giustizia. Il volume è corredato da un’utile appendice contenente la biografia essenziale e alcune foto di Sophie, un breve riassunto della vicenda che l’ha vista protagonista e i riferimenti alla risonanza che essa ebbe a livello internazionale nel 1943.
La lettura del libro, che può essere consigliata agli alunni di una classe terza della Scuola secondaria di I grado o essere svolta ad alta voce dall’insegnante all’inizio di ogni lezione, si presta a introdurre o accompagnare un’Unità didattica che preveda l’approfondimento della conoscenza di figure femminili del XX secolo che abbiano svolto un ruolo determinante nella storia, sotto il profilo politico o sociale. La lettura di uno dei volantini scritti dai membri della “Rosa Bianca”, da cui possono essere estrapolate domande di riflessione e di analisi e comprensione del testo, può inoltre essere proposta agli alunni, contestualmente alla visione, parziale o integrale, del film di Marc Rothemund La Rosa Bianca – Sophie Scholl.